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    03 settembre 2021

    Vendita immobiliare con patto marciano

    Cassazione, sentenza n. 844/2020. Il divieto del patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c., non opera quando nell’operazione negoziale (nella fattispecie in oggetto una vendita immobiliare a scopo di garanzia) sia inserito un patto marciano in forza del quale nell’eventualità di inadempimento del debitore, il creditore vende il bene, previa stima, versando al debitore l’eccedenza del prezzo rispetto al credito, trattandosi di clausola lecita, che persegue lo stesso scopo del pegno irregolare ex art. 1851 c.c. ed è ispirata alla medesima ratio di evitare approfittamenti del creditore in danno del debitore, purchè le parti abbiano previsto, al momento della sua stipulazione che, nel caso ed all’epoca dell’inadempimento, sia compiuta una stima della cosa, entro tempi certi e modalità definite, che assicuri una valutazione imparziale, ancorata a parametri oggettivi ed automatici oppure affidata ad una persona indipendente ed esperta, la quale a tali parametri debba fare riferimento. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    02 dicembre 2020

    Vendita di autovettura con telaio contraffatto

    Cassazione, ordinanza del 25 agosto 2020 n. 17738.  La vendita di autovettura con telaio contraffatto integra la fattispecie dell’aliud pro alio costituendo un’ipotesi paradigmatica di vendita di cosa assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    14 luglio 2020

    Nullità del contratto di vendita

    Cassazione, sentenza 26 maggio 2020, n. 9719, sez. III civile.  La dichiarazione di nullità d’un contratto di vendita non travolge di per sé sola gli effetti confessori della dichiarazione, in esso inserita, con cui il venditore riconosce di avere incassato il prezzo. Ne consegue che la suddetta dichiarazione, ancorché inserita in un contratto dichiarato nullo, può costituire prova dell’avvenuto pagamento nel giudizio di restituzione dell’indebito conseguente alla dichiarazione di nullità. L’accertata nullità del negozio giuridico, in esecuzione del quale sia stato eseguito un pagamento, dà luogo ad un’azione di ripetizione di indebito oggettivo, volta ad ottenere la condanna alla restituzione della prestazione eseguita in adempimento del negozio nullo, il cui termine di prescrizione inizia a decorrere non già dalla data del passaggio in giudicato della decisione che abbia accertato la nullità del titolo giustificativo del pagamento, ma da quella del pagamento stesso. La prescrizione del diritto alla restituzione del prezzo, pagato in esecuzione di un contratto di vendita dichiarato nullo, non è interrotta dall’istanza con cui, nel giudizio avente ad oggetto la validità del contratto, il compratore, a fronte delle contestazioni del venditore, abbia proposto ex art. 216 c.p.c. istanza di verificazione dell’autenticità della sottoscrizione del venditore.Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    01 luglio 2020

    Preliminare di vendita di bene indiviso

    Cassazione, ordinanza 18 febbraio 2020, n. 4013, sez. II civile. Nel preliminare di vendita di bene indiviso considerato quale “unicum”, la prestazione dei promittenti venditori ha natura indivisibile, poiché ciascun promittente venditore non solo si obbliga a prestare il consenso per il trasferimento della sua quota, ma promette anche il fatto altrui e, cioè, il consenso degli altri, attesa l’unitarietà della prestazione.                                       Nel caso oggetto di giudizio, la Cassazione ha confermato la decisione di merito, che aveva condannato uno dei promittenti venditori alla restituzione, in favore del promissario acquirente, del doppio della caparra, nonostante l’inadempimento all’obbligo di prestare il consenso fosse ascrivibile all’altro comproprietario.Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    30 novembre 2017

    Il leasing dopo la Legge sulla concorrenza

    La Legge annuale per il mercato e la concorrenza (Legge n. 4 agosto 2017 n....

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    28 agosto 2017

    Simulazione: per la controdichiarazione non serve...

    Corte di Cassazione, Sezione II civile, ordinanza n. 18204 del 24 luglio 2017 La simulazione è una situazione di apparenza giuridica creata intenzionalmente dalle parti, che normalmente dichiarano in una controdichiarazione quella che è la loro reale volontà  anche per evitare eventuali future contestazioni reciproche. Quando si tratta di donazione, che come ben noto richiede la forma dell'atto pubblico a pena di validità , può sorgere il dubbio che sia necessaria la stessa forma anche per la controdichiarazione. A sciogliere il dubbio è intervenuta la giurisprudenza di legittimità , la quale in una recente ordinanza ha escluso in tale ipotesi la necessità  della forma solenne, potendo la controdichiarazione risultare anche da un semplice documento sottoscritto dalle medesime parti ovvero da quella contro cui lo stesso è prodotto. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes Il fatto La questione attiene a una donazione obnuziale e a una vendita, rispetto alle quali viene ora chiesto di accertare la simulazione. A sostegno della domanda due controdichiarazioni coeve ciascuna all'atto di riferimento, riportate su un unico foglio sottoscritto dalla convenuta, con cui si affermava che entrambi i trasferimenti immobiliari dovevano intendersi anche in favore del figlio della donante che si sarebbe unito in matrimonio con la convenuta. Causa dell'intestazione simulata dei beni era la situazione debitoria di quest'ultimo che non consentiva direttamente a lui l'intestazione delle proprietà. Le ragioni giuridiche Per quanto riguarda la questione giuridica analizzata, ovvero se sia necessaria o meno la forma solenne nel caso di controdichiarazioni, nel cassare con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Roma la sentenza, la Corte di Cassazione ha ritenuto doversi applicare il principio di diritto per cui "dall'art. 1417 c.c., si ricava che la prova della simulazione tra le parti soggiace ad un requisito di forma scritta ad probationem tantum, non anche a quello solenne ed ulteriore eventualmente richiesto ad substantiam per l'atto della cui simulazione si tratta. Pertanto, la prova della parziale simulazione soggettiva di una donazione non richiede anch'essa l'atto pubblico, ma può essere fornita mediante una semplice controdichiarazione sottoscritta dalle stesse parti o da quella contro cui questa è prodotta". Sottolinea la Corte, infatti, che già  in un lontano precedente aveva avuto modo di affermare, in relazione alle convenzioni matrimoniali, soggette anch'esse al requisito di forma dell'atto pubblico a pena di nullità , che "le controdichiarazioni per raggiungere gli effetti che sono loro propri non richiedono la forma dell'atto pubblico, poiché hanno un'obbiettività  giuridica diversa dalle mutazioni dei patti, giacché mentre queste ultime implicano un nuovo accordo, modificativo del precedente, realmente voluto e concluso, ed esigono pertanto, ad substantiam, l'atto pubblico al pari dell'atto modificato, le controdichiarazioni rappresentano invece il documento atto a constatare e a dare la prova della simulazione di un patto, e sono, quindi, destinate a rimanere segrete tra le parti". Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes

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    14 giugno 2017

    Prestito vitalizio ipotecario: cos'è e come...

    Cosa cambia per il cittadino. Il prestito vitalizio ipotecario è stato recentemente riformato dal legislatore, che ha tentato di rivitalizzare un istituto che non aveva avuto molta fortuna in passato, ma che in realtà  potrebbe rivelarsi molto utile in alcune situazioni. Noto anche come "mutuo inverso" si sostanzia in un finanziamento a lungo termine, tramite il quale viene offerta in garanzia la propria abitazione in cambio di un prestito da parte della banca. Si tratta, quindi, di una valida alternativa alla vendita della nuda proprietà  al fine di ottenere una certa disponibilità  di denaro senza doversi separare dalla propria abitazione. Vediamo quali sono gli aspetti salienti della disciplina del nuovo istituto. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes http://associazionesuperpartes.it/notai/ La disciplina. La disciplina del prestito vitalizio ipotecario è contenuta nell'art. 11 quaterdecies comma 12 del D.L. n. 203/05 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 248/05) e ha per oggetto la concessione da parte di banche, nonchè di intermediari finanziari, di finanziamenti a medio e lungo termine, con capitalizzazione annuale di interessi e di spese, riservati a persone fisiche con età  superiore a sessanta anni compiuti. La legge prevede che il rimborso integrale in un'unica soluzione possa essere richiesto al momento della morte del soggetto finanziato ovvero qualora vengano trasferiti, in tutto o in parte, la proprietà  o altri diritti reali o di godimento sull'immobile dato in garanzia o si compiano atti che ne riducano significativamente il valore, inclusa la costituzione di diritti reali di garanzia in favore di terzi che vadano a gravare sull'immobile. Si tenga presente, però, anche che il finanziato può anche concordare, al momento della stipulazione del contratto, modalità  di rimborso graduale della quota di interessi e delle spese, prima del verificarsi degli eventi di cui sopra, sulla quale non si applica la capitalizzazione annuale degli interessi. In caso di inadempimento Il finanziamento è garantito da ipoteca di primo grado su immobili residenziali e qualora il finanziamento non sia integralmente rimborsato entro dodici mesi dal verificarsi degli eventi di cui sopra il finanziatore può vendere l'immobile, ad un valore pari a quello di mercato, determinato da un perito indipendente incaricato dal finanziatore e utilizzare le somme ricavate dalla vendita per estinguere il credito vantato in dipendenza del finanziamento stesso. Trascorsi ulteriori dodici mesi senza che sia stata perfezionata la vendita, tale valore viene decurtato del 15% per ogni dodici mesi successivi fino al perfezionamento della vendita dell'immobile. In alternativa, anche l'erede può provvedere alla vendita dell'immobile, in accordo con il finanziatore, purchè la compravendita si perfezioni entro dodici mesi dal conferimento dello stesso. Le eventuali somme rimanenti, ricavate dalla vendita e non portate a estinzione del predetto credito, sono riconosciute al soggetto finanziato o ai suoi aventi causa. L'importo del debito residuo non può superare il ricavato della vendita dell'immobile, al netto delle spese sostenute. Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui:http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

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    19 aprile 2017

    Vendita di un immobile senza certificato di...

    Cassazione civile, Sezione II, 30/01/2017, n. 2294   Cosa cambia per il cittadino. Il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l'obbligo di sostenere tutti gli oneri necessari al fine di ottenere il rilascio del certificato di abitabilità  ed ha altresì un preciso dovere di consegnare all'acquirente il certificato di abitabilità  stesso. In ragione di ciò, la violazione di tale obbligo può legittimare sia la domanda di risoluzione del contratto, sia quella di risarcimento del danno, sia l'eccezione di inadempimento. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes http://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. Con atto di citazione a comparire avanti il Tribunale di Palermo, gli acquirenti di un immobile ad uso abitativo convenivano in giudizio il venditore dello stesso chiedendone la condanna al pagamento della somma corrispondente alle spese necessarie per ottenere la concessione della licenza di abitabilità  dell'immobile da loro acquistato, in ragione del fatto che un anno dopo l'acquisto avevano constatato la presenza al piano terra di forte umidità  e di ciò ne avevano dato notizia al venditore, senza tuttavia avere alcun riscontro. A seguito dell'istruttoria svolta durante tale giudizio, veniva appurato che la risalita di acqua dal sottosuolo era dovuta ad una serie di difetti costruttivi e che tale situazione era ostativa al rilascio del certificato di abitabilità , se non previa realizzazione delle opere occorrenti per rendere l'appartamento conforme alle prescrizioni del regolamento locale di igiene. Il Tribunale di Palermo accoglieva la domanda, condannava il venditore al pagamento dell'importo richiesto e tale decisione veniva confermata dalla competente Corte d'Appello. Avverso tale ultima sentenza proponeva ricorso per Cassazione il soggetto venditore, ma la Suprema Corte ha rigettato tale gravame, confermando la sentenza d'appello. Le ragioni giuridiche. Al fine di comprendere l'istituto in esame, dev'essere ricordato che il certificato di agibilità  è il documento che attesta la sussistenza di determinati standards igienici e sanitari e di sicurezza, garantendo che in fase di costruzione sono state osservate le prescrizioni igienico-sanitarie stabilite dalle leggi vigenti al momento della costruzione o dell'intervento. Dev'essere inoltre premesso che la disciplina dell'agibilità  (o abitabilità ) degli edifici è contenuta nell'art. 24 del DPR 380/2001 (T.U. in materia edilizia) ed è stata recentemente modificata, in nome della semplificazione dei regimi amministrativi in materia edilizia dall'art. 3 del Dlgs 222/2016. Contrariamente alla formulazione originaria di tale norma “ secondo la quale il certificato di agibilità  veniva rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale su domanda del soggetto titolare del permesso di costruire o di colui che aveva presentato la DIA/SCIA -, l'attuale regime prevede che la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità , risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità  dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità  sono attestati mediante segnalazione certificata presentata dal soggetto titolare del permesso di costruire, o dal soggetto che ha presentato la segnalazione certificata di inizio di attività . In altre parole, si è passati da un regime in cui l'agibilità  veniva richiesta dal soggetto interessato e rilasciata dall'Ufficio comunale (ferma restando l'applicazione del silenzio assenso decorsi inutilmente 30 giorni dalla presentazione della documentazione necessaria al rilascio), a quello attuale in cui l'agibilità  viene certificata documentalmente (in particolare attraverso l'attestazione del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista abilitato che assevera la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene e salubrità ) direttamente dal soggetto interessato. Orbene, ciò premesso, dev'essere precisato che la vicenda oggetto della sentenza qui in commento si fonda naturalmente sull'applicazione del vecchio regime dell'agibilità . Nello specifico, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dal venditore confermando la sentenza d'appello ed in particolare che il difetto del certificato di abitabilità , risolvendosi nella mancanza di un requisito giuridico essenziale, configura un'ipotesi di vendita di aliud pro alio, legittimante l'acquirente all'esercizio dell'azione risarcitoria. In ragione di ciò, prosegue la Corte, il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l'obbligo di consegnare all'acquirente il certificato di abitabilità  e la violazione di tale obbligo può pertanto legittimare sia la domanda di risoluzione del contratto, con conseguente restituzione di quanto versato, sia quella di risarcimento del danno. A tal proposito ed a scanso di equivoci dev'essere precisato che la Cassazione qualifica l'immobile privo di certificato di agibilità come incommerciabile, laddove tuttavia lincommerciabilità si deve riferire esclusivamente alla possibilità  di azionare il rimedio risolutorio e risarcitorio e non certo alla libera commerciabilità  dell'immobile. In particolare, precisa la Corte, l'inadempimento da parte del venditore all'obbligo di rilasciare il certificato non è escluso dalla circostanza che egli, al momento della stipula, abbia già  presentato una domanda di condono per sanare l'irregolarità  amministrativa dell'immobile; né rileva che l'immobile fosse già  utilizzato dai precedenti proprietari o inquilini a fini abitativi. Per completezza dev'essere altresì evidenziato che in altre circostanze la Cassazione ha avuto modo di precisare che queste stesse considerazioni valgono anche nel caso in cui venditore e acquirente abbiano firmato solo un contratto preliminare e non ancora l'atto di trasferimento della proprietà  vero e proprio. Anche in tale ipotesi, infatti, è sufficiente la mancanza di agibilità  per poter recedere dalla promessa di acquisto e non addivenire alla stipula del contratto definitivo[1]. Avv. Ambrogio Dal Bianco Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui: http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/ [1] Per esempio, Cass. Civ., Sez. II, 08/02/2016, n. 2438: l'acquirente ha interesse a ottenere la proprietà  di un immobile che sia idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all'acquisto. Di conseguenza, se il promittente venditore non consegna il certificato di agibilità , la stipula del definitivo può sempre essere rifiutata, anche se la mancata consegna dipende dall'inerzia del Comune al rilascio del documento. Infatti, l'obbligo di consegnare il certificato di agibilità grava ex lege sul venditore, in base all'art. 1477, comma 3, c.c. e a ciò consegue che il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo dei certificati di abitabilità  o di agibilità e di conformità  alla concessione edilizia. Il venditore, dunque, ha l'obbligo di consegnare all'acquirente il certificato, richiedendolo e sostenendone le spese, e l'inadempimento di tale obbligo è di per sé foriero di danno emergente, in quanto costringe l'acquirente a provvedere in proprio. 

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