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02 ottobre 2024

Vedi il sesto incontro delle dirette: Obiettivo Finanza Consapevole!

Come passare da pregiudizi e preconcetti alla conoscenza consapevole e razionale finanziaria? Approfondisci le tue conoscenze finanziarie con Paolo Broccoli, notaio in Colognola Ai Colli e socio co-fondatore SuperPartes e Notai2021 e l'esperto del settore Nicola Benini dottore commercialista e consulente finanziario indipendente IFA CONSULTING. Clicca sul video e rivedi l'incontro!

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News

10 settembre 2024

La responsabilità precontrattuale

Durante le trattative contrattuali, le parti coinvolte sono tenute al rispetto di alcuni obblighi ben precisi, la cui violazione può determinare l’insorgere di una responsabilità precontrattuale a carico della parte inadempiente. La responsabilità precontrattuale (detta anche culpa in contrahendo) nasce, quindi, in una fase precedente la conclusione del contratto e si ricollega a un comportamento scorretto di una delle due parti a danno dell’altra.  In particolare, gli obblighi che le parti sono tenute a rispettare sono: Obbligo di buona fede: impone alle parti coinvolte di evitare tutte quelle condotte che arrechino intenzionalmente e consapevolmente danno alla controparte;Obbligo di informazione e verità: le parti sono tenute, nel corso delle trattative, a comunicarsi reciprocamente tutte le circostanze che possono determinare l’inefficacia o l’invalidità del contratto, nonché l’inutilità della prestazione;Obbligo di chiarezza e riservatezza: impone alle parti di comunicare in modo trasparente tutte le informazioni relative alla negoziazione e di non divulgare all’esterno tutte le informazioni confidenziali scambiate tra le parti.  Generalmente, si ha responsabilità precontrattuale in caso di: recesso ingiustificato dalle trattative, che si configura quando chi ha creato nella controparte un incolpevole e legittimo affidamento in ordine alla conclusione del contratto decide di recedere, provocando un danno;conclusione di un contratto invalido o inefficace: per negligenza o dolo di una parte viene concluso un contratto invalido e inefficace; la controparte deve dimostrare di aver attuato tutte le precauzioni normalmente richieste in sede di trattative per accertarsi della regolarità dell’affare;conclusione di un contratto valido, ma svantaggioso, ossia concluso a condizioni meno vantaggiose rispetto a quelle che la controparte avrebbe ragionevolmente accettato ove fosse stata a conoscenza di tutte le informazioni rilevanti. Ma quali sono i rimedi esperibili dalla parte che si renda conto della violazione degli obblighi gravanti sulla controparte?  Nel caso in cui siano ancora in corso, la parte potrà recedere dalle trattative giustificatamente, senza rischiare, cioè, di essere a sua volta chiamata a rispondere a titolo di responsabilità precontrattuale. Nel caso in cui, invece, le trattative siano già concluse, si potrà chiedere il risarcimento dei danni subiti per effetto della condotta negligente o dolosa della controparte. Si ritiene tradizionalmente che il danno risarcibile coincida con il ristoro del solo “interesse negativo”, vale a dire dell’interesse che la parte avrebbe avuto a non entrare in trattative con il soggetto cui venga ascritta la responsabilità precontrattuale. In particolare, sarà risarcibile, nel termine di prescrizione decennale, il c.d. danno emergente – comprensivo di tutte le spese che la parte abbia sostenuto in occasione delle trattative, come i costi di viaggi effettuati per sopralluoghi, costi sostenuti per consulenze professionali, ecc. – e il c.d. lucro cessante, cioè la perdita di occasione di affari: se una parte rifiuta/rinuncia ulteriori proposte confidando sulla bontà delle trattative instaurate con la controparte, avrà diritto al risarcimento del danno per la perdita dell’affare alternativo.   Non è, viceversa, risarcibile il c.d. “interesse positivo”, vale a dire l’interesse a ottenere la prestazione che avrebbe conseguito la parte attraverso la conclusione del contratto: nella fase delle trattative, infatti, non essendo ancora stato concluso alcun contratto, le parti non possono ritenersi vincolate al raggiungimento del risultato da esse rispettivamente perseguito, ma sono unicamente tenute a non arrecare pregiudizio alla controparte. Eccezione a ciò è rappresentata dall’ipotesi di conclusione di contratto valido, ma svantaggioso: in questo caso si rende risarcibile l’interesse positivo corrispondente al c.d. “danno differenziale”, vale a dire alla differenza, in termini patrimoniali, tra l’utilità che si sarebbe ottenuta in caso di conclusione delle trattative secondo buona fede e l’utilità effettivamente conseguita.  Ulteriori dubbi?  Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Foto di bertholdbrodersen da Pixabay © Riproduzione riservata

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12 settembre 2024

Le vendite nel settore finanziario

"Perché vendere quando sei in perdita? Aspetta che il mercato si riprenda e venderai senza perdere nulla". Le vendite non devono andare secondo l'orientamento del mercato. Si compra nella fase di bilanciamento del portafoglio finanziario, il quale deve essere sempre a benchmark. Clicca sul video per saperne di più, e non esitare a contattarci!

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News

10 settembre 2024

Procura con autorizzazione al rappresentante a contrarre con se stesso

Il potere di rappresentanza è generalmente conferito mediante procura al rappresentante dal rappresentato nell’interesse di quest’ultimo. Tuttavia, non si esclude che esso possa essere consapevolmente conferito anche nell’interesse del rappresentante o di terzi (c.d. procurator in rem suam): ciò avviene, ad esempio, nel caso in cui il debitore incarichi i creditori o alcuni di essi di liquidare tutti o parte dei suoi beni e di ripartire tra i creditori medesimi il ricavato in soddisfacimento dei loro crediti. In tale caso, il compimento del negozio rappresentativo soddisfa contemporaneamente gli interessi di rappresentato e di rappresentante, interessi che si dimostrano tra loro convergenti. Potrebbe, al contrario, accadere che il rappresentante sia portatore di interessi propri o di terzi incompatibili con quelli del rappresentato, e che, quindi, si verifichi un conflitto di interessi. Un tipico caso di conflitto di interessi è il c.d. “contratto con se stesso”, un negozio giuridico bilaterale in cui le due dichiarazioni di volontà, necessarie per la sua conclusione, provengono da un unico soggetto che riassume in sé le posizioni di entrambe le parti, agendo in base a titoli diversi e come portatore di due opposti interessi. Detta figura ricorre in due casi: autocontratto: il rappresentante conclude il contratto in proprio (ad esempio, un rappresentante del venditore che acquista per sé la merce che il venditore intende alienare);doppia rappresentanza: il rappresentante di una parte conclude il contratto con se stesso in qualità di rappresentante di un terzo (un procuratore che rappresenta al tempo stesso sia il compratore sia il venditore). Poiché nel contratto con se stesso i ruoli delle parti sono recitati da un unico soggetto, la legge sanziona con l’annullabilità l’atto compiuto, a meno che non ricorrano talune condizioni legittimanti tali da escludere, in concreto, il conflitto di interessi. La presunzione di conflitto di interessi può essere vinta dimostrando: che il rappresentato abbia specificatamente autorizzato il rappresentante;che il contenuto del contratto sia stato preventivamente determinato dal rappresentato in guisa da escludere la possibilità di conflitto. Sebbene le due condizioni siano alternative, si ritiene che l'autorizzazione data dal rappresentato al rappresentante a concludere il contratto con sé stesso possa considerarsi idonea ad escludere la possibilità di conflitto di interessi - e, quindi, l'annullabilità del contratto - solo allorquando sia accompagnata da una determinazione degli elementi negoziali sufficienti ad assicurare la tutela del rappresentato medesimo. La validità del contratto è legata, dunque, alla indicazione nella procura dei requisiti minimi negoziali in virtù dei quali il rappresentante può contrarre con se stesso perché, diversamente, l’interesse perseguito finirebbe per essere quello del rappresentante e non più quello del rappresentato. Al rappresentato è riconosciuta, ad ogni modo, la possibilità di domandare l’annullamento del contratto – in considerazione del pericolo che il rappresentante persegua piuttosto il proprio interesse o quello dell’altro soggetto rappresentato – nel termine prescrizionale di cinque anni dalla data di conclusione del contratto. Per l’annullamento del contratto è sufficiente che il rappresentato si limiti a dimostrare la semplice possibilità di danno, non avendo rilevanza che l’atto compiuto sia per lui vantaggioso o svantaggioso e non essendo necessario che egli provi di aver subito un concreto pregiudizio. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Foto di StockSnap da Pixabay © Riproduzione riservata  

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