Cassazione, sentenza 26 maggio 2020, n. 9719, sez. III civile. 

La dichiarazione di nullità d’un contratto di vendita non travolge di per sé sola gli effetti confessori della dichiarazione, in esso inserita, con cui il venditore riconosce di avere incassato il prezzo. Ne consegue che la suddetta dichiarazione, ancorché inserita in un contratto dichiarato nullo, può costituire prova dell’avvenuto pagamento nel giudizio di restituzione dell’indebito conseguente alla dichiarazione di nullità. L’accertata nullità del negozio giuridico, in esecuzione del quale sia stato eseguito un pagamento, dà luogo ad un’azione di ripetizione di indebito oggettivo, volta ad ottenere la condanna alla restituzione della prestazione eseguita in adempimento del negozio nullo, il cui termine di prescrizione inizia a decorrere non già dalla data del passaggio in giudicato della decisione che abbia accertato la nullità del titolo giustificativo del pagamento, ma da quella del pagamento stesso. La prescrizione del diritto alla restituzione del prezzo, pagato in esecuzione di un contratto di vendita dichiarato nullo, non è interrotta dall’istanza con cui, nel giudizio avente ad oggetto la validità del contratto, il compratore, a fronte delle contestazioni del venditore, abbia proposto ex art. 216 c.p.c. istanza di verificazione dell’autenticità della sottoscrizione del venditore.

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