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    23 luglio 2021

    Limiti al mantenimento dei genitori per il figlio...

    Cassazione, ordinanza n. 17183/2020. Il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni senza indugiare nell’attesa di opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni.Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    29 agosto 2017

    Posso revocare la donazione se ho già un figlio?

    Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza n. 5345 del 2 marzo 2017 Cosa cambia per il cittadino. La revocazione della donazione per sopravvenienza di figli è un istituto previsto dall'art. 803 del Codice Civile che consente al donante di "cambiare idea" nel caso in cui, in un momento successivo all'atto di liberalità , abbia o scopra di avere figli o discendenti legittimi di cui prima ignorava l'esistenza. Tuttavia potrebbe sorgere il dubbio che il "diritto di ripensamento" possa valere anche nella diversa ipotesi in cui il "donante già  genitore" scopra l'esistenza di "altri" figli. Ma così non è, tant'è che sul punto è intervenuta una recente sentenza della Corte di Cassazione la quale, interrogandosi anche su eventuali profili di incostituzionalità  della norma, non ha ritenuto condivisibile questa opzione interpretativa, mostrando al contrario di valorizzare la ratio della disciplina codicistica, che non è quella di tutela immediata dell'interesse dei figli sopravvenuti, ma quella di tutela dell'interesse a un ripensamento in capo al donante a seguito del nascere della sua nuova veste genitoriale. Insomma, condicio sine qua non per l'applicazione della disciplina della revocazione per sopravvenienza di figli, secondo la Corte, è il fatto che il donante non sia (o quanto meno non sappia di essere) già  genitore al momento della donazione. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes Il fatto. Tizio conveniva in giudizio la moglie separata Tizia chiedendo la revocazione della donazione indiretta di un immobile (compiuta in costanza di matrimonio esistente già  una prima figlia), sul presupposto della sopravvenienza di altri figli in epoca successiva alla donazione, nati dall'unione con un'altra donna. Le ragioni giuridiche. Per quanto attiene all'interpretazione dell'art. 803 c.c. (e dell'art. 804 c.c. che prevede il termine per esperire l'azione di revocazione), la Corte di Cassazione ha ritenuto di dover condividere l'orientamento tradizionale, non ritenendo meritevoli di seguito le denunzie di incostituzionalità  della norma nella parte in cui non consentirebbe la revocazione per sopravvenienza di figli anche a colui che al momento della donazione sia già  genitore. La ratio della disciplina della revocazione per sopravvenienza di figli, secondo la Corte di Cassazione, deve essere individuata nella possibilità  per il donante di riconsiderare l'opportunità  dell'atto di liberalità  a fronte della sopravvenuta nascita di un figlio o della sopravvenuta conoscenza della sua esistenza e, dunque, in altre parole, a fronte dell'instaurazione di un nuovo rapporto di filiazione, con tutto ciò che ne consegue in termini di doveri di mantenimento, istruzione ed educazione per il cui adempimento egli deve poter disporre di mezzi adeguati. Secondo la Corte questa necessità  di garantire una sorta di "diritto al ripensamento" in capo al donante si giustificherebbe proprio a fronte dalla nascita di una nuova genitorialità  prima non esistente. Sul punto la Corte di Cassazione compie una delicata analisi delle ragioni che possono spingere un non-genitore a revocare una donazione una volta divenuto genitore: "la norma si spiega per la complessità  della psiche umana, presumendo il legislatore che il donante non può avere valutato adeguatamente l'interesse alla cura filiale, allorquando non abbia ancora figli, e quando quindi non ha ancora provato il sentimento di amor filiale con la dedizione che esso determina ed il superamento che esso provoca di ogni altro affetto. E' quindi evidente che (...) la preesistenza di un figlio ovvero di un discendente legittimo alla data della donazione, escluda il fondamento applicativo della previsione, dovendosi infatti ritenere che l'atto di liberalità  sia stato compiuto da chi già  aveva avuto modo di provare l'affetto filiale, e che quindi si è determinato a beneficiare il donatario pur nella consapevolezza degli oneri scaturenti dalla condizione genitoriale. Questo perché, ritiene la Corte, l'interesse che il legislatore ha inteso tutelare con l'art. 803 c.c. non è quello immediato dei figli (che potrebbe sussistere anche nel caso in cui vi sia la sopravvenienza di altri figli rispetto a quelli già  esistenti al momento della donazione) ma il diverso interesse del donante ad una rimeditazione delle proprie scelte dispositive. Inoltre, opinando diversamente, si porrebbe anche il problema dell'affidamento del donatario, il cui acquisto resterebbe esposto al rischio di revocazione per tutta la vita del donante, qualora si ammettesse la possibilità  di revocazione per ogni figlio che sopravvenga. Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes

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    30 giugno 2017

    Assegno divorzile: ne ho diritto?

    Corte di Cassazione, Sezione VI, ordinanza n. 12879 del 22 maggio 2017 Cosa cambia per il cittadino La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito il principio per cui l'instaurazione di una convivenza stabile fa venir meno il diritto all'assegno di divorzio, anche nel caso in cui il nuovo compagno sia stato dichiarato fallito e, dunque, difficilmente potrà  fornire alla propria compagna assistenza materiale. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes http://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto La vicenda riguardava la pretesa da parte di Tizia di percepire l'assegno divorzile anche a fronte di una nuova convivenza con altra persona, la quale tuttavia versava nelle condizioni di non poterla assistere economicamente, a causa di alcune vicissitudini professionali che lo avevano colpito (fallimento). L'ex marito si opponeva alla richiesta, sostenendo che, secondo una corretta e aggiornata interpretazione dell'art. 5 della L. n. 898 del 1970, l'instaurazione di una convivenza more uxorio elida ogni possibile connessione con il modello di vita precedente e faccia venir meno i presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile. Le ragioni giuridiche La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso, condividendo le ragioni sostenute dall'ex marito. Sul punto, infatti, una costante giurisprudenza di legittimità  ritiene che, con l'instaurazione di una convivenza stabile e caratterizzata dalla relazione affettiva fra i conviventi, venga meno l'obbligazione di cui all'art. 5 della Legge sul divorzio, per effetto della cessazione della solidarietà  fra ex coniugi. L'art. 5 prevede, infatti, l'obbligo per il coniuge di versare a favore dell'altro un assegno divorzile, tuttavia tale obbligo di corresponsione cessa, per prevalente orientamento giurisprudenziale, nelle ipotesi in cui il coniuge abbia una convivenza more uxorio, dal momento che verrebbe meno in tale caso, secondo la Corte, quella "solidarietà  che caratterizza i rapporti fra gli ex coniugi dopo il divorzio". In altre parole, afferma la Corte, l'ex coniuge che decida di vivere more uxorio con altra persona perde ogni diritto a ricevere l'assegno divorzile, e ciò anche nel caso in cui il nuovo compagno non sia in grado di assistere economicamente la nuova compagna. Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui: http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

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