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    30 marzo 2017

    Trasformazione da s.r.l. a trust: no all'imposta...

    Commissione Tributaria Provinciale di Roma, Sezione XXVI, sentenza n. 1836 del 27 gennaio 2017 Cosa cambia per il cittadino. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma ha affermato che la trasformazione di una società  s.r.l. in trust non è soggetta all'applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni, dal momento che la modifica soggettiva della titolarità  dei beni e dei rapporti giuridici non determina alcun trasferimento a terzi. L'operazione economica deve più correttamente essere qualificata come una trasformazione eterogena (da ente commerciale a ente non commerciale), che non sconta questo tipo di tassazione, mancando a monte il presupposto per l'applicazione della tassazione pretesa dal Fisco, ovvero l'arricchimento patrimoniale a titolo di liberalità . Per approfondimenti chiedi ai Notai SuperParteshttp://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. La vicenda attiene alla richiesta di annullamento di un avviso di liquidazione di imposta, con relativa sanzione, emesso dall'Agenzia delle Entrate a seguito della trasformazione ai sensi dell'art. 2498 c.c. di una società  s.r.l. a trust irrevocabile per beneficiari. In particolare l'Agenzia delle Entrate aveva notificato in prima battuta al notaio rogante formale liquidazione "dell'imposta principale postuma", riqualificando l'atto e sottoponendolo al tributo successorio sulla base del convincimento che si trattasse di un conferimento di beni in trust e non di una trasformazione eterogenea con conservazione del medesimo soggetto in altra veste giuridica. Successivamente, a seguito dell'annullamento in autotutela del primo avviso di accertamento, l'Agenzia delle Entrate ne aveva notificato un secondo, con cui chiedeva di nuovo il pagamento dell'imposta sulle successioni e donazioni, ma questa volta al trustee, sulla base del convincimento per cui l'operazione dovesse essere assoggettata all'imposta sulle successioni e donazioni al momento della segregazione del patrimonio. Le ragioni giuridiche. Le ragioni giuridiche che hanno spinto la Commissione Tributaria Provinciale di Roma a pronunciarsi a favore del contribuente risiedono principalmente nella constatazione che la mera trasformazione del soggetto giuridico in altra veste giuridica non determina alcun arricchimento patrimoniale a titolo di liberalità . In particolare, l'atto di trasformazione di una s.r.l. in trust integra una trasformazione eterogenea, in cui la modifica soggettiva della titolarità  dei beni e dei rapporti giuridici non determina l'arricchimento patrimoniale a spirito di liberalità  (elemento che costituisce fondamento necessario per l'applicazione dell'imposta di successione e donazione), ma solamente una regressione del soggetto giuridico proprietario dei beni (il beneficiario), senza che vi sia alcun trasferimento a terzi. Come sostenuto anche dalla giurisprudenza di Cassazione, infatti, dalla segregazione non deriva alcun reale trasferimento di beni, con correlativo arricchimento di persone, elementi questi che si realizzeranno solo successivamente a favore dei beneficiari, i quali saranno a quel punto (e solo a quel punto) tenuti al pagamento dell'imposta in misura proporzionale. Se dunque l'arricchimento patrimoniale a titolo di liberalità  costituisce fondamento dell'imposta sulle successioni e donazioni, in assenza di questo viene meno il presupposto stesso della pretesa tributaria dell'Agenzia delle Entrate. Nel caso analizzato, infatti, vi è solamente una trasformazione da ente commerciale a ente non commerciale, con prosecuzione, ex 2948 c.c., di tutti i rapporti dell'ente che ha effettuato la trasformazione e il consolidamento dell'efficacia della trasformazione stessa, stante l'assenza di opposizione da parte dei creditori ai sensi dell'art. 2500 novies c.c. Mancherebbe, quindi, a monte proprio il presupposto fondamentale per l'applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni. A ciò si aggiunga anche la contraddittorietà  dello stesso operato dell'Agenzia delle Entrate (che aveva già  annullato in autotutela il primo avviso di accertamento notificato al Notaio quale responsabile di imposta, per poi notificarlo nuovamente al trustee) a riprova dell'assenza di un'interpretazione uniforme a fondamento della pretesa tributaria avanzata dal Fisco. Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui:http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

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    29 marzo 2017

    Tavola rotonda su Affidamento Fiduciario e Trust

    Si è tenuta a Roma la "Tavola rotonda su Affidamento Fiduciario e Trust" organizzata da Ubs.Relatori il notaio Paolo Broccoli di FBF Notai Associati e fondatore dell'associazione di cultura giuridica SuperPartes, e il notaio Massimo Saraceno. Alla Tavola Rotonda hanno partecipato molti professionisti dei più importanti studi legali e Commerciali della capitale.Il progetto Superpartes è stato particolarmente apprezzato.

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    27 marzo 2017

    Lo scioglimento del contratto attraverso la...

    Cassazione civile, I sezione, sentenza 11 novembre 2016, n. 23065 Cosa cambia per il cittadino La clausola risolutiva espressa attribuisce al contraente il diritto di ottenere unilateralmente e in via stragiudiziale la risoluzione del contratto, a fronte di un determinato inadempimento della controparte descritto nella clausola. Con tale clausola dunque, le parti, al momento della conclusione del contratto, convengono che, se si verificherà  un determinato comportamento inadempiente, opererà  la risoluzione di diritto, tale da dispensare la parte che doveva ricevere l'adempimento dall'onere di provare l'importanza dell'inadempimento. Essa non ha carattere vessatorio, atteso che non è riconducibile a nessuna delle ipotesi previste dall'art 1341 comma 2 c.c. che aggravano le condizioni di uno dei contraenti (come la limitazione della responsabilità , o della facoltà  di proporre eccezioni ecc.), in quanto la possibilità  di chiedere la risoluzione del contratto è connessa alla stessa posizione di parte del contratto ex art 1453 c.c., e la clausola risolutiva si limita soltanto a rafforzarla e specificarne i presupposti. La sentenza inoltre, precisa come "l'operatività  della clausola risolutiva espressa non può essere esclusa in virtù della tolleranza manifestata dal creditore, trattandosi di un comportamento di per sè inidoneo a determinare una modificazione della disciplina contrattuale ed insufficiente anche ad integrare una tacita rinuncia ad avvalersi della clausola, ove lo stesso creditore, contestualmente o successivamente all'atto di tolleranza, abbia manifestato l'intenzione di avvalersene in caso di ulteriore protrazione dell'inadempimento" Per capire il meccanismo della clausola risolutiva, si ricorra ad un esempio. Tizio e Caia stipulano un contratto di consulenza professionale e inseriscono una clausola risolutiva che recita così: "qualora il ritardo dei pagamenti del compenso dovuto al Consulente dalla Committente si sia protratto per oltre "¦ giorni rispetto al termine pattuito, il Consulente, ai sensi dell'art. 1456 c.c., ha facoltà  di risolvere il contratto comunicando alla Committente, con lettera raccomandata a/r, la propria volontà  di avvalersi della presenteclausola". Se Caia non paga entro il termine pattuito, Tizio può avvalersi della clausola e sciogliere il contratto. Se la committente vuole contestare l'inadempimento, in applicazione al criterio di ripartizione dell'onere della prova enunciato dalla Cassazione in tema di inadempimento delle obbligazioni,è tenuta a provare il fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituita dall'avvenuto adempimento (ad esempio di aver già  pagato integralmente il compenso). Il creditore invece è tenuto a provare esclusivamente la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi poi ad allegare la circostanza dell'inadempimento della controparte, che fa scattare l'operatività  della clausola risolutiva. Compito del giudice sarà  quello di verificare il realizzarsi dell'inadempimento previsto nella clausola e dichiarare, in caso affermativo, l'avvenuta risoluzione. L'effetto di quest'ultima non discende dalla pronuncia del giudice (di mero accertamento), ma automaticamente dalla clausola. Per approfondimenti chiedi ai Notai SuperParteshttp://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto Il giudizio riguardava esclusivamente un debito residuo relativo ad un rapporto di mutuo per il quale era stato emesso il decreto ingiuntivo. Accertato che il relativo contratto prevedeva il pagamento delle rate alla scadenza senza necessità  di preavviso e la decadenza dal beneficio del termine in caso di sopravvenuta insolvenza dei mutuatari, nonchè la risoluzione di diritto in caso di mancato puntuale pagamento anche di una sola rata, si è ritenuto provato l'inadempimento degli opponenti e pertanto legittima l'intervenuta applicazione della clausola. Del tutto inconferenti si rivelano le censure riflettenti l'arbitrarietà  del comportamento della Banca, la cui configurabilità  come atto di ritorsione motivato da vicende inerenti ad altri rapporti intercorsi tra le parti non può assumere alcun rilievo ai fini dell'operatività  della clausola risolutiva. Ragioni giuridiche Ogni contraente ha per legge il diritto di chiedere giudizialmente lo scioglimento del vincolo contrattuale a fronte del mancato adempimento della prestazione contrattuale della controparte, ma l'effetto risolutorio può prodursi solo attraverso una sentenza costitutiva del giudice, in seguito all'accertamento della gravità  e la serietà  dell'inadempimento alla luce dei reciproci interessi delle parti. La previsione della clausola risolutiva espressa, invece, ha lo scopo di prescindere dalla pronuncia giudiziale e dalla valutazione oggettiva e soggettiva della gravità  dell'inadempimento, richiesta invece dall'art 1455 c.c. per la risoluzione giudiziale. Qui sono le parti a valutare in via anticipata l'importanza di un determinato inadempimento e a ritenerlo intollerabile. La sentenza chiarisce la non vessatorietà  della clausola risolutiva espressa e la sua non riconducibilità  all'articolo 1341 comma 2 c.c., in quanto non fa altro che rafforzare un diritto già  rientrante nella sfera giuridica di un contrante. Inoltre, la non vessatorietà  della clausola risolutiva espressa, è giustificata da molti con la teoria della tassatività  delle clausole vessatorie ex art. 1341 c.c. Tuttavia, la situazione potrebbe diventare più delicata quando le parti non si trovano in una situazione di parità ; nel diritto dei consumatori, il Codice del Consumo prevede che, per ritenere una clausola "vessatoria" è necessario analizzare il contratto nella sua interezza, confrontando i diversi equilibri contrattuali del consumatore (contraente debole) e dell'imprenditore. Per questo, una clausola risolutiva che preveda inadempienze minime per legittimare l'imprenditore ad avvalersi della clausola, potrebbe essere vessatoria. 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    24 marzo 2017

    La realizzazione di una tettoia a protezione di...

    Consiglio di Stato, Sezione VI, 02/02/2017, n. 694 Cosa cambia per il cittadino. La realizzazione di una tettoia in legno e tegole posta a protezione di un terrazzo, per quanto sia aperta sui tre lati, non può essere considerata come una pertinenza ai fini urbanistici e, comportando la modifica della sagoma dell'edificio, necessita del previo rilascio del permesso di costruire, non essendo a tal fine sufficiente la presentazione di una semplice DIA. Per approfondimenti chiedi ai Notai SuperParteshttp://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. Con sentenza 5653/2011, il TAR Campania ha respinto il ricorso proposto da un privato contro l'ordine di demolizione emesso dal Comune per aver realizzato, previa presentazione di una DIA, una tettoia in legno e tegole aperta sui tre lati, "posta a protezione di un terrazzo, di m. 11,00 per 4,00, sul lato est, di altezza variabile da m. 2,50 a m. 3,00, ed un'ulteriore analoga tettoia, collocata sul fronte nord, di m. 5,70 per m. 4,00, anch'essa di altezza variabile da m. 2,40 a m. 3,00", ritenendo che tali opere necessitassero dell'ottenimento del permesso di costruire. Le ragioni giuridiche. I Giudici del Consiglio di Stato hanno rigettato l'appello, confermando la sentenza di primo grado e ritenendo dunque che la realizzazione di una tettoia, determinando "l'alterazione della sagoma dell'edificio", necessiti sempre dell'ottenimento del permesso di costruire. Tale conclusione viene tratta dal combinato disposto dell'articolo 3, comma I, lettera e.1) e dell'articolo 6, comma I, del DPR 380/2001. In base al primo articolo, infatti, è considerata intervento di nuova costruzione - che, in quanto tale, in base all'articolo 10 del DPR 380/2001, necessita del permesso di costruire - la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente; mentre l'articolo 6 citato prevede che rientrino tra gli interventi di edilizia libera quelli volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio. Dall'art. 3 citato si evince dunque che occorre il rilascio del permesso ogni qual volta si tratti di un «manufatto edilizio» che - quand'anche sia una tettoia - modifica la sagoma; mentre dall'art. 6 si desume che anche gli interventi volti all'eliminazione delle barriere architettoniche, che di per sè possono essere liberamente effettuate, richiedono il titolo edilizio quando modifichino la sagoma. In particolare, secondo i Giudici di Palazzo Spada, la finalità  di tali disposizioni è quella di evitare che, mediante la realizzazione di una tettoia, si verifichi non solo l'alterazione della sagoma dell'edificio, ma anche una situazione che può evolvere - mediante chiusure - nella realizzazione di ulteriori volumetrie. In altre parole, dal momento che la realizzazione di una tettoria, anche se aperta sui lati, comporta automaticamente la modifica della sagoma dell'edificio ed è suscettibile, se chiusa, di determinare un aumento della volumetria del fabbricato, è necessario ottenere il rilascio del permesso di costruire. Nè, continua il Consiglio di Stato, al fine di escludere la necessità  del permesso di costruire può avere rilievo la modestia della tettoia e la circostanza che, civilisticamente, essa possa essere qualificata come pertinenza. Sotto il primo profilo, infatti, rileva unicamente la circostanza che tale opera - grande o piccola che sia - determina una "modifica della sagoma dell'edificio". In secondo luogo, la realizzazione di nuovi manufatti - qual è certamente una tettoia - richiede sempre un permesso di costruire a prescindere che, sotto il profilo civilistico, essi si possano qualificare come pertinenze. Avv. Ambrogio Dal Bianco Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui:http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

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    23 marzo 2017

    Testamento olografo: nullo se c'è l'aiuto

    Corte di Cassazione, Sezione VI, ordinanza n. 5505 del 6 marzo 2017 Cosa cambia per il cittadino. La legge prevede, ai fini della sua validità , che il testamento olografo debba essere interamente scritto, datato e sottoscritto per mano del testatore. La Cassazione in una recente ordinanza ha affermato che, in presenza di aiuto (è il caso della "mano guidata" ovvero del testatore aiutato nella scrittura), il requisito della autografia non possa dirsi soddisfatto così come richiesto dalla legge ed in particolare dall'art. 602 c.c. In tali casi il testamento deve considerarsi nullo, anche qualora si riesca a dimostrare che quanto scritto fosse la reale volontà  del testatore. Se, dunque, il testatore non è in grado di scrivere autonomamente, perchè ad esempio affetto da un tremolio alle mani che glielo impedisce, un eventuale testamento redatto con la tecnica della "mano guidata", ancorchè con minimo aiuto, deve considerarsi in ogni caso nullo, con la conseguenza che la successione sarà  regolata integralmente dalla legge con il concorso di tutti gli eredi che ne abbiano diritto. Per approfondimenti chiedi ai Notai SuperParteshttp://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. Tizio, poi defunto, aveva redatto testamento disponendo dei suoi beni in favore della moglie. Le sorelle di Tizio avevano poi impugnato il testamento affermandone la nullità  in quanto redatto con "mano guidata", ovvero con l'aiuto di un amico di vecchia data, chiedendo l'apertura della successione legittima e quindi il loro concorso insieme alla moglie nella successione dei beni del defunto. Dall'analisi delle circostanze del caso concreto era emerso che effettivamente l'amico aveva aiutato Tizio guidando la sua mano sotto dettatura, in quando Tizio era affetto da un tremolio che gli impediva di scrivere da solo. Le ragioni giuridiche. La Cassazione ha concluso per la nullità  del testamento olografo redatto con la tecnica della "mano guidata" per una serie di ragioni giuridiche e soprattutto alla luce del particolare rigore formale richiesto dal legislatore per il testamento. Occorre, in particolare, tenere conto della semplicità  del testamento olografo che già  di per sè dovrebbe prevenire la possibilità  di interventi perturbatori della volontà  del testatore. Non bastano in tali casi a escludere la nullità  nemmeno il fatto che il contenuto del testamento sia stato effettivamente quello voluto dal de cuius e il fatto che l'intervento ausiliare del terzo fosse finalizzato solamente a una riduzione del tremolio. L'intervento del terzo, secondo la giurisprudenza maggioritaria, è già  di per sè sufficiente a escludere il requisito dell'autografia del testamento olografo, elemento indispensabile per la sua validità . L'intervento del terzo, anche se minimo, in ogni caso, altera la personalità  e l'abitualità  del gesto scrittorio. D'altronde aderire alla diversa soluzione sostenuta dalla giurisprudenza minoritaria comporterebbe problemi di non semplice soluzione per quanto attiene all'accertamento della corrispondenza tra il testo e la volontà  del de cuius e dell'effettiva finalità  dell'aiuto del terzo; tutti aspetti che minerebbero in maniera evidente le finalità  di chiarezza e semplificazione che sono alla base del testamento olografo. Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui:http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

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    23 marzo 2017

    SuperPartes entra a far parte dell'advisory board...

    Siamo lieti di informarvi che l'Associazione SuperPartes è entrata a far parte dell'advisory board della piattaforma WealthGround, market place finanziario che conta su partner prestigiosi come Iulm, Finlabn Politecnico di Milano e Ascosim. La piattaforma, che entrerà  a breve a regime, è stata creata da Wealth Adwise s.r.l., nuova Fintech italiana nata poche settimane fa da Angelo Miglietta, Maurizio Nobili, Marco Pavone e Tiziana Roselli e che vede come amministratore delegato Giancarlo Vinacci. La newco si occupa di fornitura, secondo modalità  digitali e innovative, di servizi di informazione, formazione e risposte a quesiti; diffusione secondo modalità  digital social di informazioni relative all'economia, ai mercati finanziari e alla normativa sulla gestione del risparmio attraverso la creazione di una community; nonchè, infine, di erogazione di corsi digitali di formazione su temi finanziari e fornitura di servizi di robo-advisory per consulenti finanziari indipendenti. "Corsi di formazione su temi finanziari" www.italiaoggi.it

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    21 marzo 2017

    Realizzazione di un soppalco: permesso di...

    Consiglio di Stato, Sezione VI, 02/03/2017, n. 985 Cosa cambia per il cittadino. È necessario il permesso di costruire solamente quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell'immobile preesistente, con incremento delle superfici dell'immobile e in prospettiva ulteriore carico urbanistico. Al contrario, si rimane invece all'interno dell'ambito degli interventi edilizi minori (per i quali il permesso di costruire non è quindi richiesto) quando il soppalco sia tale da non incrementare la superficie dell'immobile, e ciò sicuramente avviene quando esso non sia suscettibile di utilizzo come stanza di soggiorno. Per approfondimenti chiedi ai Notai SuperParteshttp://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. Veniva impugnata avanti il TAR Lazio un'ordinanza di demolizione per opere asseritamente abusive, in quante realizzate all'interno di un immobile di proprietà , in assenza di permesso di costruire, consistenti in "una struttura di putrelle in ferro orizzontali e verticali, disposte in modo da formare un soppalco a forma di "L" della superficie di circa 24,80 mq all'interno di un locale più ampio. L'area soppalcata al piano superiore consiste di un solaio in muratura con due finestre, posto ad altezza variabile da un soffitto irregolare, da metri 2,30 a metri 1.55 circa; la struttura del soppalco poggia invece per circa 20 mq su una pedana in muratura di circa 0,40 metri di altezza, ha un distacco di metri 1,88 e un'altezza interna praticabile di circa 1,45 metri; per la parte restante di circa 4,80 mq poggia sul piano di calpestio ed ha un distacco di 2,10 metri. L'area sottostante il soppalco è poi priva di finestre, con nuove tramezzature ed attacchi per impianti idrici ed elettrici". Le ragioni giuridiche. Il TAR Lazio (Sezione I quater, 30/11/2011, 9401) aveva rigettato il ricorso, ritenendo che l'intervento dovesse essere assoggetto a permesso di costruire. I giudici di Palazzo Spada hanno, al contrario, accolto l'appello proposto dal proprietario dell'immobile, realizzatore dell'intervento in contestazione, ritenendo fondato il primo motivo d'appello e cioè che l'opera realizzata, in quanto consistente in un soppalco non praticabile, non dovesse essere assoggetta a permesso di costruire, ma alla presentazione di semplice DIA. Il discrimine per determinare se la realizzazione di un soppalco richieda o meno il rilascio di un permesso di costruire viene individuato dal Consiglio di Stato nelle dimensioni dello stesso e dunque nella circostanza che tale soppalco determini o meno un incremento della superficie complessiva dell'immobile. A tal fine i giudici della VI Sezione usano la dizione di "dimensioni non modeste": nozione, questa, non certo facile da interpretare e difficilmente suscettibile di avere un significato univoco ed oggettivo. Sicuramente, ritiene il Consiglio di Stato, richiederà  il previo rilascio del permesso di costruire il soppalco che determini una "sostanziale ristrutturazione dell'immobile preesistente". Invero, ai sensi del combinato disposto dell'art. 3, comma I, lett. d) e dell'art. 10, comma I, lett. c) del DPR 380/2001, sono soggetti a permesso di costruire quegli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente; mentre gli interventi di cosiddetta ristrutturazione leggera richiedono la semplice DIA. Alla luce di ciò, pertanto, è sufficiente la presentazione di una DIA, senza la necessità  di ottenere il previo rilascio del permesso di costruire, ogni qual volta lo spazio realizzato con il soppalco sia tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone, sostanziandosi, come nel caso analizzato, in un ripostiglio. Avv. Ambrogio Dal Bianco Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui:http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

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    20 marzo 2017

    Nessuna agevolazione "prima casa" anche se...

    Cassazione civile, sez. VI, sentenzan. 14673 del 18 luglio 2016 Cosa cambia per il cittadino In tema di agevolazioni "prima casa", la giurisprudenza è pacifica nel ritenere non idonea a giustificare la richiesta di agevolazione, la circostanza che il contribuente, sebbene proprietario di un altro immobile ad uso abitativo, non ne abbia in realtà  disponibilità  effettiva. La Cassazione, ha così precisato come il requisito della mancanza di titolarità  su tutto il territorio nazionale del diritto di proprietà , usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà  di un'altra casa acquistata col medesimo beneficio, di cui all'art. 1, nota II bis, lett. c, della parte I della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, non può essere inteso, atteso il chiaro tenore letterale della disposizione, come mancanza di disponibilità  effettiva di essa, così che il requisito non sussiste anche quando l'immobile di proprietà  del contribuente sia stato assegnato, in sede di separazione o divorzio, al coniuge separato o all'ex coniuge, quale affidatario di prole minorenne. Per esemplificare, si immagini che Tizio sia proprietario di due case, ma che di una non possa disporne, in quanto il diritto di godimento sia in capo all'ex moglie, quale affidataria della loro figlia non economicamente autonoma. Tizio, che abita dunque nell'altra casa, non può beneficiare della cd."agevolazione sulla prima casa" perchè è proprietario anche di un'altra casa acquistata con lo stesso beneficio, ancorchè non ne abbia la disponibilità  effettiva; infatti, non è quest'ultima a rilevare ai fini dell'applicabilità  del regime fiscale agevolato, ma la titolarità  del diritto di proprietà . Per approfondimenti chiedi ai Notai SuperParteshttp://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto La Corte d'Appello di Trieste aveva respinto l'appello proposto dal contribuente Tizio avverso la sentenza di primo grado, che aveva rigettato il ricorso dal medesimo proposto avverso l'avviso di accertamento relativo alla decadenza dell'agevolazione fiscale usufruita, con applicazione di aliquota IVA ridotta al 4% per l'acquisto, di un immobile dichiarato come prima casa. Tizio impugnava in Cassazione asserendo che, il requisito della mancanza di titolarità , per quanto nella legge D.P.R. n. 131 del 1986, del diritto di proprietà  di "casa di abitazione", dovesse intendersi come carenza di alloggio in grado di sopperire ai bisogni abitativi. Le ragioni giuridiche La Cassazione ritiene che la norma in questione debba interpretarsi restrittivamente e secondo il suo significato letterale, non potendo perciò condividersi che il riferimento al requisito della titolarità  possa intendersi come disponibilità  materiale dell'immobile. D'altra parte, non è nemmeno corretta l'affermazione secondo cui la casa assegnata all'ex coniuge (titolare esclusivamente di un diritto personale di godimento), perda definitivamente l'idoneità  di soddisfare le esigenze abitative del contribuente che, quale reale proprietario, potrà  riacquisire la piena disponibilità  dell'immobile, dopo il raggiungimento della maggiore età  e l'acquisizione dell'indipendenza economica della figlia, la cui tutela ha costituito la ratio alla base del provvedimento di assegnazione della casa coniugale. Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui:http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/ Dott.ssa Eleonora Baglivo

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