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    21 marzo 2017

    Realizzazione di un soppalco: permesso di...

    Consiglio di Stato, Sezione VI, 02/03/2017, n. 985 Cosa cambia per il cittadino. È necessario il permesso di costruire solamente quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell'immobile preesistente, con incremento delle superfici dell'immobile e in prospettiva ulteriore carico urbanistico. Al contrario, si rimane invece all'interno dell'ambito degli interventi edilizi minori (per i quali il permesso di costruire non è quindi richiesto) quando il soppalco sia tale da non incrementare la superficie dell'immobile, e ciò sicuramente avviene quando esso non sia suscettibile di utilizzo come stanza di soggiorno. Per approfondimenti chiedi ai Notai SuperParteshttp://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. Veniva impugnata avanti il TAR Lazio un'ordinanza di demolizione per opere asseritamente abusive, in quante realizzate all'interno di un immobile di proprietà , in assenza di permesso di costruire, consistenti in "una struttura di putrelle in ferro orizzontali e verticali, disposte in modo da formare un soppalco a forma di "L" della superficie di circa 24,80 mq all'interno di un locale più ampio. L'area soppalcata al piano superiore consiste di un solaio in muratura con due finestre, posto ad altezza variabile da un soffitto irregolare, da metri 2,30 a metri 1.55 circa; la struttura del soppalco poggia invece per circa 20 mq su una pedana in muratura di circa 0,40 metri di altezza, ha un distacco di metri 1,88 e un'altezza interna praticabile di circa 1,45 metri; per la parte restante di circa 4,80 mq poggia sul piano di calpestio ed ha un distacco di 2,10 metri. L'area sottostante il soppalco è poi priva di finestre, con nuove tramezzature ed attacchi per impianti idrici ed elettrici". Le ragioni giuridiche. Il TAR Lazio (Sezione I quater, 30/11/2011, 9401) aveva rigettato il ricorso, ritenendo che l'intervento dovesse essere assoggetto a permesso di costruire. I giudici di Palazzo Spada hanno, al contrario, accolto l'appello proposto dal proprietario dell'immobile, realizzatore dell'intervento in contestazione, ritenendo fondato il primo motivo d'appello e cioè che l'opera realizzata, in quanto consistente in un soppalco non praticabile, non dovesse essere assoggetta a permesso di costruire, ma alla presentazione di semplice DIA. Il discrimine per determinare se la realizzazione di un soppalco richieda o meno il rilascio di un permesso di costruire viene individuato dal Consiglio di Stato nelle dimensioni dello stesso e dunque nella circostanza che tale soppalco determini o meno un incremento della superficie complessiva dell'immobile. A tal fine i giudici della VI Sezione usano la dizione di "dimensioni non modeste": nozione, questa, non certo facile da interpretare e difficilmente suscettibile di avere un significato univoco ed oggettivo. Sicuramente, ritiene il Consiglio di Stato, richiederà  il previo rilascio del permesso di costruire il soppalco che determini una "sostanziale ristrutturazione dell'immobile preesistente". Invero, ai sensi del combinato disposto dell'art. 3, comma I, lett. d) e dell'art. 10, comma I, lett. c) del DPR 380/2001, sono soggetti a permesso di costruire quegli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente; mentre gli interventi di cosiddetta ristrutturazione leggera richiedono la semplice DIA. Alla luce di ciò, pertanto, è sufficiente la presentazione di una DIA, senza la necessità  di ottenere il previo rilascio del permesso di costruire, ogni qual volta lo spazio realizzato con il soppalco sia tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone, sostanziandosi, come nel caso analizzato, in un ripostiglio. Avv. Ambrogio Dal Bianco Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui:http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

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    20 marzo 2017

    Nessuna agevolazione "prima casa" anche se...

    Cassazione civile, sez. VI, sentenzan. 14673 del 18 luglio 2016 Cosa cambia per il cittadino In tema di agevolazioni "prima casa", la giurisprudenza è pacifica nel ritenere non idonea a giustificare la richiesta di agevolazione, la circostanza che il contribuente, sebbene proprietario di un altro immobile ad uso abitativo, non ne abbia in realtà  disponibilità  effettiva. La Cassazione, ha così precisato come il requisito della mancanza di titolarità  su tutto il territorio nazionale del diritto di proprietà , usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà  di un'altra casa acquistata col medesimo beneficio, di cui all'art. 1, nota II bis, lett. c, della parte I della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, non può essere inteso, atteso il chiaro tenore letterale della disposizione, come mancanza di disponibilità  effettiva di essa, così che il requisito non sussiste anche quando l'immobile di proprietà  del contribuente sia stato assegnato, in sede di separazione o divorzio, al coniuge separato o all'ex coniuge, quale affidatario di prole minorenne. Per esemplificare, si immagini che Tizio sia proprietario di due case, ma che di una non possa disporne, in quanto il diritto di godimento sia in capo all'ex moglie, quale affidataria della loro figlia non economicamente autonoma. Tizio, che abita dunque nell'altra casa, non può beneficiare della cd."agevolazione sulla prima casa" perchè è proprietario anche di un'altra casa acquistata con lo stesso beneficio, ancorchè non ne abbia la disponibilità  effettiva; infatti, non è quest'ultima a rilevare ai fini dell'applicabilità  del regime fiscale agevolato, ma la titolarità  del diritto di proprietà . Per approfondimenti chiedi ai Notai SuperParteshttp://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto La Corte d'Appello di Trieste aveva respinto l'appello proposto dal contribuente Tizio avverso la sentenza di primo grado, che aveva rigettato il ricorso dal medesimo proposto avverso l'avviso di accertamento relativo alla decadenza dell'agevolazione fiscale usufruita, con applicazione di aliquota IVA ridotta al 4% per l'acquisto, di un immobile dichiarato come prima casa. Tizio impugnava in Cassazione asserendo che, il requisito della mancanza di titolarità , per quanto nella legge D.P.R. n. 131 del 1986, del diritto di proprietà  di "casa di abitazione", dovesse intendersi come carenza di alloggio in grado di sopperire ai bisogni abitativi. Le ragioni giuridiche La Cassazione ritiene che la norma in questione debba interpretarsi restrittivamente e secondo il suo significato letterale, non potendo perciò condividersi che il riferimento al requisito della titolarità  possa intendersi come disponibilità  materiale dell'immobile. D'altra parte, non è nemmeno corretta l'affermazione secondo cui la casa assegnata all'ex coniuge (titolare esclusivamente di un diritto personale di godimento), perda definitivamente l'idoneità  di soddisfare le esigenze abitative del contribuente che, quale reale proprietario, potrà  riacquisire la piena disponibilità  dell'immobile, dopo il raggiungimento della maggiore età  e l'acquisizione dell'indipendenza economica della figlia, la cui tutela ha costituito la ratio alla base del provvedimento di assegnazione della casa coniugale. Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui:http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/ Dott.ssa Eleonora Baglivo

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