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    23 marzo 2022

    Preliminare sotto condizione risolutiva del...

    Cassazione 4 settembre 2020 n. 18464.Le parti che stipulano un contratto preliminare di compravendita immobiliare sottoposto a condizione risolutiva del mancato rilascio del permesso di costruire secondo le attese potenzialità edificatorie devono comportarsi, in pendenza della condizione, secondo buona fede e, pertanto, se il promittente venditore è chiamato a porre in essere tutti gli atti necessari per l’ottenimento del permesso, anche il promissario acquirente deve improntare la sua condotta a correttezza per favorire la conservazione del contratto. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    25 aprile 2017

    La costituzione di una società  al solo fine di...

    Cassazione Civile, Sezione VI, ordinanza n, 9610 del 13/04/2017   Cosa cambia per il cittadino.   Il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo distorto, sebbene non direttamente contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in mancanza di ragioni economicamente valide e che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di ottenere quel risparmio fiscale. Costituisce pertanto una condotta abusiva l'operazione economica che ha quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di ottenere dei risparmi fiscali e dunque di eludere il fisco. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes http://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. La fattispecie portata all'attenzione della Suprema Corte ha riguardato l'impugnazione di un avviso di accertamento emesso in relazione all'IVA sugli acquisti, a detta dell'Agenzia indebitamente detratta, nei confronti di una società  costituita nel 2003, esercente attività  di "lavori generali di costruzione di edifici" e cancellata nel 2007 a seguito della realizzazione di sole due unità  immobiliari, vendute nel 2006, ai due unici soci della stessa, stante il carattere elusivo dell'attività  svolta dalla società  medesima, ritenuta priva di una valida ragione economica e costituita al solo scopo di conseguire un risparmio d'imposta. I Giudici di primo e di secondo grado avevano accolto il ricorso del contribuente, ritenendo che l'Ufficio non avesse fornito adeguata prova della finalità  elusiva della società . Le ragioni giuridiche. La Corte di Cassazione ha invece accolto il ricorso dell'Agenzia confermando l'orientamento granitico della Corte di Giustizia, già  recepito della medesima Cassazione in materia di abuso del diritto. Secondo la Corte di Giustizia, infatti, perché possa parlare di pratica abusiva occorrono due condizioni: 1) le operazioni devono, nonostante l'applicazione formale della normativa in materia di IVA, procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sia contraria all'obiettivo perseguito da tali disposizioni; 2) deve risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo essenziale dell'operazione controverse è l'ottenimento di un vantaggio fiscale. Conseguentemente, le Sezioni Unite della Cassazione, anche con riguardo alle imposte dirette, hanno affermato che costituisce principio immanente del nostro Ordinamento quello secondo cui il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale. Pertanto, costituisce condotta elusiva l'operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco, laddove invece il divieto di siffatte operazioni non opera qualora esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta. In ragione di ciò, la costituzione di una società  per realizzare e vendere immobili a scopo personale al solo fine di fruire dei relativi vantaggi fiscali, costituisce operazione elusiva e pertanto illegittima. Per quanto concerne l'onere della prova, spetta all'Amministrazione finanziaria provare sia il disegno elusivo che le modalità  di manipolazione e alterazione degli schemi negoziali classici. Sotto tale profilo, la Corte, nel caso di specie, ha condiviso quanto rilevato dall'Agenzia e cioè che fossero elementi sintomatici l'essere stata costituita la società  nel settembre 2003 con due soli soci, tra loro coniugi, l'essere la stessa priva di dipendenti e con una sede di appena 2mq; avere la società  svolto attività  edile consistente nella sola costruzione di due unità  immobiliari; il fatto che gli unici ricavi, a fronte di ingenti costi, avevano riguardato l'anno 2006, a seguito della vendita dei due unici appartamenti effettuata nei confronti dei medesimi soci; la cancellazione della società  nel gennaio 2007. Avv. Ambrogio Dal Bianco Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui: http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

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    24 marzo 2017

    La realizzazione di una tettoia a protezione di...

    Consiglio di Stato, Sezione VI, 02/02/2017, n. 694 Cosa cambia per il cittadino. La realizzazione di una tettoia in legno e tegole posta a protezione di un terrazzo, per quanto sia aperta sui tre lati, non può essere considerata come una pertinenza ai fini urbanistici e, comportando la modifica della sagoma dell'edificio, necessita del previo rilascio del permesso di costruire, non essendo a tal fine sufficiente la presentazione di una semplice DIA. Per approfondimenti chiedi ai Notai SuperParteshttp://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. Con sentenza 5653/2011, il TAR Campania ha respinto il ricorso proposto da un privato contro l'ordine di demolizione emesso dal Comune per aver realizzato, previa presentazione di una DIA, una tettoia in legno e tegole aperta sui tre lati, "posta a protezione di un terrazzo, di m. 11,00 per 4,00, sul lato est, di altezza variabile da m. 2,50 a m. 3,00, ed un'ulteriore analoga tettoia, collocata sul fronte nord, di m. 5,70 per m. 4,00, anch'essa di altezza variabile da m. 2,40 a m. 3,00", ritenendo che tali opere necessitassero dell'ottenimento del permesso di costruire. Le ragioni giuridiche. I Giudici del Consiglio di Stato hanno rigettato l'appello, confermando la sentenza di primo grado e ritenendo dunque che la realizzazione di una tettoia, determinando "l'alterazione della sagoma dell'edificio", necessiti sempre dell'ottenimento del permesso di costruire. Tale conclusione viene tratta dal combinato disposto dell'articolo 3, comma I, lettera e.1) e dell'articolo 6, comma I, del DPR 380/2001. In base al primo articolo, infatti, è considerata intervento di nuova costruzione - che, in quanto tale, in base all'articolo 10 del DPR 380/2001, necessita del permesso di costruire - la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente; mentre l'articolo 6 citato prevede che rientrino tra gli interventi di edilizia libera quelli volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio. Dall'art. 3 citato si evince dunque che occorre il rilascio del permesso ogni qual volta si tratti di un «manufatto edilizio» che - quand'anche sia una tettoia - modifica la sagoma; mentre dall'art. 6 si desume che anche gli interventi volti all'eliminazione delle barriere architettoniche, che di per sè possono essere liberamente effettuate, richiedono il titolo edilizio quando modifichino la sagoma. In particolare, secondo i Giudici di Palazzo Spada, la finalità  di tali disposizioni è quella di evitare che, mediante la realizzazione di una tettoia, si verifichi non solo l'alterazione della sagoma dell'edificio, ma anche una situazione che può evolvere - mediante chiusure - nella realizzazione di ulteriori volumetrie. In altre parole, dal momento che la realizzazione di una tettoria, anche se aperta sui lati, comporta automaticamente la modifica della sagoma dell'edificio ed è suscettibile, se chiusa, di determinare un aumento della volumetria del fabbricato, è necessario ottenere il rilascio del permesso di costruire. Nè, continua il Consiglio di Stato, al fine di escludere la necessità  del permesso di costruire può avere rilievo la modestia della tettoia e la circostanza che, civilisticamente, essa possa essere qualificata come pertinenza. Sotto il primo profilo, infatti, rileva unicamente la circostanza che tale opera - grande o piccola che sia - determina una "modifica della sagoma dell'edificio". In secondo luogo, la realizzazione di nuovi manufatti - qual è certamente una tettoia - richiede sempre un permesso di costruire a prescindere che, sotto il profilo civilistico, essi si possano qualificare come pertinenze. Avv. Ambrogio Dal Bianco Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui:http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

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    21 marzo 2017

    Realizzazione di un soppalco: permesso di...

    Consiglio di Stato, Sezione VI, 02/03/2017, n. 985 Cosa cambia per il cittadino. È necessario il permesso di costruire solamente quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell'immobile preesistente, con incremento delle superfici dell'immobile e in prospettiva ulteriore carico urbanistico. Al contrario, si rimane invece all'interno dell'ambito degli interventi edilizi minori (per i quali il permesso di costruire non è quindi richiesto) quando il soppalco sia tale da non incrementare la superficie dell'immobile, e ciò sicuramente avviene quando esso non sia suscettibile di utilizzo come stanza di soggiorno. Per approfondimenti chiedi ai Notai SuperParteshttp://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. Veniva impugnata avanti il TAR Lazio un'ordinanza di demolizione per opere asseritamente abusive, in quante realizzate all'interno di un immobile di proprietà , in assenza di permesso di costruire, consistenti in "una struttura di putrelle in ferro orizzontali e verticali, disposte in modo da formare un soppalco a forma di "L" della superficie di circa 24,80 mq all'interno di un locale più ampio. L'area soppalcata al piano superiore consiste di un solaio in muratura con due finestre, posto ad altezza variabile da un soffitto irregolare, da metri 2,30 a metri 1.55 circa; la struttura del soppalco poggia invece per circa 20 mq su una pedana in muratura di circa 0,40 metri di altezza, ha un distacco di metri 1,88 e un'altezza interna praticabile di circa 1,45 metri; per la parte restante di circa 4,80 mq poggia sul piano di calpestio ed ha un distacco di 2,10 metri. L'area sottostante il soppalco è poi priva di finestre, con nuove tramezzature ed attacchi per impianti idrici ed elettrici". Le ragioni giuridiche. Il TAR Lazio (Sezione I quater, 30/11/2011, 9401) aveva rigettato il ricorso, ritenendo che l'intervento dovesse essere assoggetto a permesso di costruire. I giudici di Palazzo Spada hanno, al contrario, accolto l'appello proposto dal proprietario dell'immobile, realizzatore dell'intervento in contestazione, ritenendo fondato il primo motivo d'appello e cioè che l'opera realizzata, in quanto consistente in un soppalco non praticabile, non dovesse essere assoggetta a permesso di costruire, ma alla presentazione di semplice DIA. Il discrimine per determinare se la realizzazione di un soppalco richieda o meno il rilascio di un permesso di costruire viene individuato dal Consiglio di Stato nelle dimensioni dello stesso e dunque nella circostanza che tale soppalco determini o meno un incremento della superficie complessiva dell'immobile. A tal fine i giudici della VI Sezione usano la dizione di "dimensioni non modeste": nozione, questa, non certo facile da interpretare e difficilmente suscettibile di avere un significato univoco ed oggettivo. Sicuramente, ritiene il Consiglio di Stato, richiederà  il previo rilascio del permesso di costruire il soppalco che determini una "sostanziale ristrutturazione dell'immobile preesistente". Invero, ai sensi del combinato disposto dell'art. 3, comma I, lett. d) e dell'art. 10, comma I, lett. c) del DPR 380/2001, sono soggetti a permesso di costruire quegli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente; mentre gli interventi di cosiddetta ristrutturazione leggera richiedono la semplice DIA. Alla luce di ciò, pertanto, è sufficiente la presentazione di una DIA, senza la necessità  di ottenere il previo rilascio del permesso di costruire, ogni qual volta lo spazio realizzato con il soppalco sia tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone, sostanziandosi, come nel caso analizzato, in un ripostiglio. Avv. Ambrogio Dal Bianco Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui:http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

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