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    09 luglio 2020

    Covid e riduzione del capitale: due...

    La disposizione normativa. L’art. 6 del D.L. n. 23/2020 è intervenuto in materia di riduzione del capitale. Si è previsto che alle società per azioni ed alle società a responsabilità limitata non si applicheranno le disposizioni del codice civile in tema di riduzione del capitale sociale per perdite, ed in particolare: a) per le s.p.a. l’art. 2446 secondo e terzo comma c.c. sulla riduzione di oltre un terzo del capitale e l’art. 2447 c.c. sulla riduzione di oltre un terzo che porta il capitale sotto il minimo legale; b) per le s.r.l. l’art. 2482-bis quarto, quinto e sesto comma c.c. sulla riduzione oltre un terzo del capitale e l’art. 2482-ter c.c. sulla riduzione oltre un terzo che porta il capitale sotto il minimo legale. Non opererà, inoltre, la causa di scioglimento della società per riduzione o perdite del capitale sociale prevista dagli art. 2484 n. 4) e 2545-duodecies c.c.. Ratio della previsione. Il legislatore non ha voluto penalizzare le società che matureranno delle perdite rilevanti e si vuole, dunque, favorire la continuità aziendale delle società. Ambito temporale di applicazione. Tale disposizione ha una efficacia di applicazione limitata che viene individuata nel periodo dal 9 aprile 2020 al 31 dicembre 2020. Problema interpretativo: gli esercizi sociali di riferimento. L’art. 6 del D.L. n. 23/2020 prevede che il suddetto obbligo non sussista per le perdite subite nel corso degli esercizi sociali chiusi precedentemente al 31 dicembre 2020. Si è posto, fin da subito, un problema interpretativo sul se il riferimento alle fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi dal 9 aprile al 31 dicembre 2020 sia al periodo di maturazione delle perdite o alla data di approvazione del bilancio (o situazione patrimoniale) in cui le perdite vengono rilevate. Si discute, cioè, se siano da comprendersi all’interno della disciplina temporanea solo le perdite di capitale con riferimento al bilancio del 2020 o anche quelle con riferimento a bilanci precedenti al 2020. Al momento sono individuabili due orientamenti. a)Tesi estensiva. La Commissione per gli orientamenti societari del Consiglio Notarile di Milano con la massima n. 191 sostiene che la sospensione riguarda anche le perdite precedenti al 9 aprile 2020. Conseguentemente non sarebbero rilevanti né le perdite del 2019, accertate nel 2020, né le perdite del 2020, accertate nel 2021. Questa posizione si fonda sull’inciso della disposizione normativa che fa riferimento agli “esercizi” chiusi e non all’”esercizio” chiuso e sull’interpretazione teleologica in forza della quale scopo del legislatore è di incentivare la continuità dell’attività economica delle società. b)Tesi restrittiva. La Fondazione nazionale dei commercialisti ed il Tribunale di Catania, invece, sostengono che la sospensione in esame non sia applicabile nei casi di perdite pre-covid delle società ma soltanto a quelle maturate dopo il 9 aprile 2020. Questa posizione trova fondamento nel testo complessivo della disposizione normativa e nella relazione di accompagnamento al D.L. n. 23/2020 nella quale si fa riferimento alla “perdita di capitale, dovuta alla crisi da Covid-19”. Scopo del legislatore, allora, sarebbe stato solo quello di non considerare le perdite causate dall’epidemia. Conseguenze operative. Gli amministratori, a qualsiasi delle due tesi si aderisca, non sono esonerati dall’obbligo di convocare l’assemblea dei soci tempestivamente in caso di riduzione del capitale sociale oltre un terzo a seguito di perdite perché è fatta salva l’applicazione, per le s.p.a. dell’art. 2446 primo comma c.c., e per le s.r.l. dell’art. 2482-bis primo, secondo e terzo comma c.c.. Tuttavia l’assemblea dei soci non sarà obbligata, per il periodo di efficacia del decreto legge in oggetto, ad adottare i provvedimenti previsti dal codice civile e cioè: -  riduzione del capitale sociale; -  ricapitalizzazione della società; -  liquidazione della società; -  trasformazione. Gli stessi amministratori, inoltre, non si troveranno in caso di impossibilità di ripianare le perdite o di assumere gli altri provvedimenti, di fronte all’alternativa tra l’immediata messa in liquidazione della società ed il rischio di esporsi ad una responsabilità per gestione non conservativa della società. Le suddette disposizioni del codice civile riprenderanno efficacia a partire dai bilanci di esercizio del 2021. Ovviamente, nulla impedisce alle s.r.l. ed alle s.p.a. di applicare comunque, volontariamente, la disciplina codicistica.  Consigli pratici. Qualora si verifichino perdite rilevanti è buona norma che gli amministratori analizzino accuratamente le cause delle stesse e la possibilità di poter comunque volontariamente applicare la disciplina codicistica, se si è nelle condizioni di farlo. In ogni caso, qualsiasi sia l’ipotesi verificatasi, è opportuno coinvolgere professionisti esperti nelle materie economiche e giuridiche al fine di organizzare un cronoprogramma di intervento sulla situazione sociale. La tesi restrittiva, forse è preferibile sia perché è quella sostenuta dall’unica pronuncia sul tema in giurisprudenza e sia perché più prudente. L’adesione alla tesi estensiva, infatti, potrebbe determinare l’annullabilità della delibera e la responsabilità degli amministratori. Tuttavia, è imprescindibile una consulenza notarile sull’ipotesi specifica. Sarebbe auspicabile l’intervento del legislatore per sciogliere il nodo gordiano che si è creato. Avvocato Andrea Pentangelo Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    07 maggio 2020

    Riduzione del capitale sociale

    Cosa cambia per le società. Alle società per azioni ed alle società a responsabilità limitata non si applicheranno le disposizioni del codice civile in tema di riduzione del capitale sociale per perdite, ed in particolare: a) per le s.p.a. l’art. 2446 secondo e terzo comma c.c. sulla riduzione di oltre un terzo del capitale e l’art. 2447 c.c. sulla riduzione di oltre un terzo che porta il capitale sotto il minimo legale; b) per le s.r.l. l’art. 2482-bis quarto, quinto e sesto comma c.c. sulla riduzione oltre un terzo del capitale e l’art. 2482-ter c.c. sulla riduzione oltre un terzo che porta il capitale sotto il minimo legale. Non opererà, inoltre, la causa di scioglimento della società per riduzione o perdite del capitale sociale prevista dagli art. 2484 n. 4) e 2545-duodecies c.c.. Ratio della previsione. Il legislatore non ha voluto penalizzare le società che matureranno delle perdite rilevanti solo a causa dell’emergenza in atto e non per proprie incapacità gestionali. Si vuole, dunque, favorire la continuità aziendale delle società.  Ambito temporale di applicazione. Tale disposizione ha una efficacia di applicazione limitata che viene individuata nel periodo dal 9 aprile 2020 al 31 dicembre 2020.  Esercizi sociali di riferimento. L’art. 6 del D.L: n. 23/2020 prevede che il suddetto obbligo non sussista per le perdite subite nel corso degli esercizi sociali chiusi precedentemente al 31 dicembre 2020. Si pone, in presenza di una disposizione breviloquente, un problema interpretativo e cioè se siano da comprendersi all’interno della disciplina temporanea solo le perdite di capitale con riferimento al bilancio del 2020 o anche con riferimento a bilanci precedenti al 2020. In via di prima interpretazione ed in attesa di successive indicazioni in merito, potrebbe sostenersi che il riferimento sia anche ai bilanci di esercizio precedenti al 2020. Ciò per i seguenti argomenti: a) in base all’interpretazione letterale della disposizione che fa riferimento agli “esercizi” chiusi e non all’”esercizio” chiuso; b) in base all’interpretazione teleologica della disposizione che ha lo scopo di incentivare la continuità dell’attività economica delle società. Conseguenze operative. Gli amministratori non sono esonerati dall’obbligo di convocare l’assemblea dei soci tempestivamente in caso di riduzione del capitale sociale oltre un terzo a seguito di perdite perché è fatta salva l’applicazione, per le s.p.a. dell’art. 2446 primo comma c.c., e per le s.r.l. dell’art. 2482-bis primo, secondo e terzo comma c.c.. Tuttavia l’assemblea dei soci non sarà obbligata, per il periodo di efficacia del decreto legge in oggetto, ad adottare i provvedimenti previsti dal codice civile e cioè: -       riduzione del capitale sociale; -       ricapitalizzazione della società; -       liquidazione della società; -       trasformazione. Gli stessi amministratori, inoltre, non si troveranno in caso di impossibilità di ripianare le perdite o di assumere gli altri provvedimenti, di fronte all’alternativa tra l’immediata messa in liquidazione della società ed il rischio di esporsi ad una responsabilità per gestione non conservativa della società. Le suddette disposizioni del codice civile riprenderanno efficacia a partire dai bilanci di esercizio del 2021. Ovviamente, nulla impedisce alle s.r.l. ed alle s.p.a. di applicare comunque, volontariamente, la disciplina codicistica.  Consigli pratici. Si consiglia di evitare di incorrere in situazioni di perdite rilevanti che potrebbero pregiudicare la società per un periodo di tempo più lungo rispetto a quello di efficacia delle disposizioni temporali del Decreto Legge in oggetto. Qualora si verifichino perdite rilevanti è buona norma che gli amministratori analizzino accuratamente le cause delle stesse e la possibilità di poter comunque volontariamente applicare la disciplina codicistica, se si è nelle condizioni di farlo. In ogni caso, qualsiasi sia l’ipotesi verificatasi, è opportuno coinvolgere professionisti esperti nelle materie economiche e giuridiche al fine di organizzare un cronoprogramma di intervento sulla situazione sociale.   Avvocato Andrea PentangeloPer approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    24 novembre 2016

    Lesione della legittima: qual è l'ordine per la...

    La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4721 del 10 marzo 2016[1], ha fatto chiarezza sul tema della lesione della quota di legittima a danno di un erede legittimario, affermando che ai fini della reintegrazione della quota di legittima che si assume lesa, il giudice non può procedere alle riduzioni delle donazioni se prima non abbia provveduto a ridurre tutte le disposizioni testamentarie. Solo nel caso in cui ciò non sia ancora sufficiente a soddisfare il diritto del legittimario, allora potrà  procedere alla riduzione delle donazioni poste in essere dal de cuius, in base all'ordine cronologico dalla più recente alla più antica. Il caso riguardava un soggetto che, con testamento olografo, aveva lasciato i propri beni ai due figli e attribuito la metà  dell'usufrutto sugli stessi al coniuge superstite. Uno dei due figli aveva poi convenuto in giudizio il fratello chiedendo, previo accertamento della lesione della quota di legittima di sua spettanza, la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni effettuate in vita dal padre con conseguente reintegrazione nella sua quota di riserva. La Corte di Cassazione trae spunto dalla fattispecie in esame per fare il punto sulle modalità  con cui il giudice di merito deve procedere alla riduzione delle disposizioni lesive della quota di legittima in capo a un erede legittimario, in base alla disciplina ricavabile dal combinato disposto degli articoli 554, 555, 558 e 559 del Codice civile. Precisa inoltre, per quanto riguarda le modalità , che l'ordine, con cui deve operarsi la riduzione delle disposizioni lesive della quota di legittima, è tassativo e inderogabile. Per queste ragioni la sentenza appare interessante, soprattutto perchè fornisce una ricostruzione semplice ma allo stesso tempo sistematica ed esaustiva dell'ordine con cui si deve procedere alla riduzione, fino alla completa reintegrazione della quota di legittima lesa. Vediamo brevemente quali sono le coordinate offerte dalla Corte e che devono, quindi, essere seguite dal giudice di merito che si trovi ad affrontare un'analoga fattispecie. La Corte di Cassazione precisa innanzitutto come, ai fini della reintegrazione della quota di legittima, per prime devono essere ridotte le disposizioni testamentarie (art. 554 c.c.), in misura proporzionale e nei limiti di quanto sia necessario a soddisfare il diritto del legittimario (art. 558 c.c.). Non incide in nessun modo sull'ordine da rispettare il fatto che esse siano a titolo universale o particolare. Giova appena ricordare che il testatore può nominare erede una persona senza altra specificazione o, al contrario, individuare uno specifico bene di sua spettanza (institutio ex re certa), senza che ciò implichi necessariamente la costituzione di un legato a suo favore. In generale si può affermare che il testatore non può impedire in nessun modo la riduzione delle disposizioni testamentarie, potendo al più qualificare una di esse come "privilegiata". La qualificazione di una disposizione in termini di disposizione privilegiata implica però solamente che, in caso di lesione della quota di legittima in capo a un legittimario, essa potrà  essere ridotta solo a seguito delle altre, nel caso in cui la loro riduzione non sia stata sufficiente a reintegrare la quota di legittima lesa (art. 558 comma 2 c.c.). Dopo aver dettato le coordinate per la riduzione delle disposizioni testamentarie, la Corte di Cassazione affronta il tema della riduzione delle eventuali donazioni effettuate in vita dal de cuius, precisando che, in ogni caso, non si può procedere alla riduzione delle donazioni se non dopo aver effettuato la riduzione di tutte le disposizioni testamentarie, incluse anche le disposizioni privilegiate e solo nel caso in cui ciò non sia ancora stato sufficiente a ripristinare la quota di legittima lesa (art. 555 comma 2 c..c). In altre parole, quindi, esiste un ordine tassativo da rispettare. Prima occorrere procedere alla riduzione delle disposizioni testamentarie e solo successivamente si può procedere alla riduzione delle donazioni effettuate in vita dal donante, qualora (e solamente nel caso in cui) la riduzione delle disposizioni testamentarie non sia stata di per sè sufficiente a reintegrare completamente la quota di legittima lesa. Qualora si arrivi a dover ridurre anche le donazioni, la Corte sottolinea come anche in questo caso esista un ordine previsto dalla legge, e ciò a prescindere dal fatto che le donazioni siano dirette o indirette. Il criterio applicabile è infatti quello cronologico. Ciò implica che deve essere ridotta per prima l'ultima donazione, ovvero la più recente e, solo ove ciò non basti, si deve procedere alla riduzione della donazione antecedente e così via, procedendo dalla più recente all'anteriore, fino a che non si sia ristabilita interamente la quota di legittima lesa (art. 559 c.c.). [1] Corte di Cassazione, sentenza n. 4721 del 10 marzo 2016.

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