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    23 luglio 2021

    Il termine di convocazione dell’assemblea di...

    Cassazione, ordinanza n. 18635/2021. Il termine di almeno cinque giorni stabilito dall’articolo 66 delle disposizioni attuative del codice civile in ambito di convocazione dell’assemblea di condominio va calcolato a partire dal primo giorno immediatamente precedente la data fissata per l’adunanza in prima convocazione. Il termine in oggetto, quindi, è relativo ai cinque giorni precedenti il giorno della riunione. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    07 maggio 2021

    Clausole del regolamento di condominio

    Cassazione, ordinanza n. 19714/2020. E’ nulla la clausola del regolamento di condominio che stabilisce un termine di decadenza di quindici giorni per chiedere all’autorità giudiziaria l’annullamento delle delibere dell’assemblea, visto che l’articolo 1138 c.c. ultimo comma vieta che con regolamento condominiale siano modificate le disposizioni relative alle impugnazioni delle deliberazioni condominiali di cui all’articolo 1137 c.c.Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    15 ottobre 2020

    Spese per il balcone

    Cassazione, ordinanza del 12 marzo 2020 n. 7042. In tema di condominio negli edifici, i balconi “aggettanti” (cioè sporgenti verso l’esterno) appartengono in via esclusiva al proprietario della singola unità abitativa, dovendosi considerare beni comuni a tutti soltanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole. A ciò consegue che le spese relative alla manutenzione dei balconi restano a carico del solo proprietario dell’appartamento e non possono essere ripartite tra tutti i condomini. L’assemblea condominiale, pertanto, non può prendere decisioni nell’ambito dei beni di loro proprietà. È, dunque, nulla la deliberazione assembleare che disponga in ordine al rifacimento della relativa pavimentazione dei balconi di proprietà esclusiva degli appartamenti. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    08 agosto 2017

    Vendita dell'immobile: a chi spetta pagare i...

    Corte di Cassazione, Sezione VI, ordinanza n. 15547 del 22 giugno 2017 Può passare anche molto tempo da quando i lavori condominiali vengono deliberati a quando vengono poi effettivamente eseguiti e può accadere che intanto la proprietà  dell'immobile venga trasferita da un soggetto a un altro. Il caso analizzato dalla Corte di Cassazione riguarda proprio un'ipotesi come questa ed è stata un'occasione per ribadire come in tali casi, per capire chi tra i due sia il soggetto obbligato, si debba guardare alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l'esecuzione dell'intervento straordinario. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes Il fatto Il giudizio ha avuto inizio con un ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti di Tizio, relativo al pagamento di una cospicua somma dovuta a titolo di contributo per i lavori di manutenzione straordinaria (ed in particolare la facciata dell'edificio) deliberati nel 2000 ed eseguiti tra il 2000 ed il 2002. L'anno successivo, nel 2003, seguiva l'alienazione della propria unità  immobiliare da parte di Tizio. Le ragioni giuridiche La questione di fondo attiene all'individuazione del momento in cui possa dirsi sorto l'obbligo di partecipazione alle spese condominiali per l'esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni. La Corte di Cassazione ricorda che in tali ipotesi deve farsi riferimento alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l'esecuzione di tale intervento, avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione. Tale momento rileva anche per imputare l'obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, se gli stessi non si siano diversamente accordati, rimanendo, peraltro, inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro. Come correttamente messo in luce anche dalla Corte di Appello, Tizio, alla data della deliberazione di approvazione di tali lavori, risultava ancora condomino e, dunque, come tale obbligato a contribuire agli esborsi. Trova quindi qui applicazione ratione temporis l'articolo 63 comma 2 disp. att. c.c. nella formulazione ante 2012, in forza del quale chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questi, al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente. Pertanto, conclude la Corte di Cassazione, "obbligato a contribuire alle spese di manutenzione straordinaria dell'edificio è chi era condomino, giacche' proprietario dell'unità  immobiliare poi alienata, al momento della delibera assembleare che abbia disposto l'esecuzione di detti lavori, proprio per il valore costitutivo della relativa obbligazione. La circostanza della vendita dell'unità  immobiliare prima che siano stati approvati tutti gli stati di ripartizione delle spese inerenti quei lavori, o comunque prima che il condomino che aveva approvato gli stessi abbia adempiuto ai propri oneri verso il condominio, può impedire che sia emesso il decreto ingiuntivo con la clausola di immediata esecutività  ex articolo 63 disp. att. c.c., comma 1 (in quanto ha già  perso la qualifica necessaria per poter procedere di "condomino"), ma di certo non estingue il debito originario del cedente, che rimane azionabile in sede di processo di cognizione, o di ingiunzione ordinaria di pagamento". Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes

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    21 aprile 2017

    Cosa succede se il condomino non compare nelle...

    Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza n. 4844 del 24 febbraio 2017 Cosa cambia per il cittadino. La mancata inclusione di un'unità  abitativa nelle tabelle millesimali del condominio non priva il soggetto dei diritti a lui spettanti quale condomino, nè lo esonera dal contribuire alle spese di gestione o dal regolarizzare la sua posizione per il pregresso. Questo perché la qualità  di condomino, con tutto ciò che ne consegue in termini di diritti e obblighi, si acquista nel momento in cui si diviene proprietari di parti comuni del fabbricato, a prescindere dall'esistenza o meno di una tabella millesimale (o dall'inclusione nella stessa). Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes http://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. La Corte d'Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva dichiarato la legittimità  di una delibera assembleare del condominio, avente ad oggetto la nomina dell'amministratore, ritenendo valida la partecipazione all'assemblea e alla successiva votazione di Tizio, proprietario di una unità  immobiliare non inclusa nelle tabelle millesimali, in quanto derivante dalla trasformazione di una porzione non abitativa (sottotetto) in unità  abitativa, non ancora censita al momento dell'assemblea nelle tabelle millesimali. Le ragioni giuridiche. La Corte di Cassazione ha affermato, a conferma di un già  pacifico orientamento giurisprudenziale[1], che la qualità  di condomino si acquista nel momento in cui si diviene proprietari di parti comuni del fabbricato, a prescindere dall'esistenza o meno di una tabella millesimale. La tabella millesimale, infatti, ha natura esclusivamente ricognitiva e non rileva nemmeno come criterio identificativo delle quote di partecipazione al condominio, dal momento che quest'ultimo deve essere rinvenuto nel rapporto tra il valore dell'intero edificio e quello relativo alla proprietà  del singolo ed esiste, quindi, già  prima e indipendentemente dalle tabelle millesimali. Detto in altri termini, l'obbligo contributivo del condominio trova la propria fonte direttamente nella legge, mentre la tabella millesimale si pone solo come parametro di quantificazione dell'obbligo, determinato in base ad una valutazione tecnica. Riportando queste coordinate giuridiche al caso analizzato dalla Corte di Cassazione, è evidente, dunque, che la mancata inclusione di un'unità  immobiliare nella tabella millesimale (situazione a cui può porsi rimedio con lo strumento della revisione) non priva il proprietario dei diritti a lui spettanti quale condomino tra cui, in relazione al caso specifico, quello di concorrere alla scelta dell'amministratore, nè lo esonera di fatto dal contribuire alle spese di gestione o dal regolarizzare la sua posizione per il pregresso. La Corte ritiene, infatti, non condivisibile l'orientamento secondo cui esisterebbe una sorta di connubio indissolubile tra l'obbligo di contribuire alle spese comuni secondo le previsioni delle tabelle millesimali e l'esercizio del diritto di voto, come confermato dal fatto che il legale criterio di ripartizione stabilito dall'art. 1123 c.c. può essere anche derogato dall'autonomia delle parti. Alla luce di tutte queste considerazioni, dunque, la situazione di non inclusione nelle tabelle millesimali non impedisce al condomino di esercitare il proprio diritto di voto in assemblea condominiale nè, dall'altro lato, lo esonera dal pagamento delle spese condominiali anche pregresse. La situazione può essere risolta con la revisione che ha natura costitutiva, mentre per il passato, non potendosi applicare retroattivamente l'efficacia di una sentenza di revisione o modifica dei valori proporzionali di piano nei casi previsti dall'art. 69 disp. att. c.c., per il principio della natura costitutiva della stessa più volte affermato dalla Corte di Cassazione, è possibile rimediare con altri strumenti che l'ordinamento appresta ed in particolare con quello dell'indebito arricchimento ex art. 2041 c.c.. Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui: http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/ [1] Corte di Cassazione, Sez. U., sentenza n. 18477 del 9 agosto 2010.

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    11 gennaio 2017

    La cassazione dice no all'altana costruita contro...

    Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 22 settembre - 15 novembre 2016, n. 23243. Cosa cambia per il cittadino Questa sentenza costituisce un altro precedente nel quale la Corte di Cassazione si è espressa in senso negativo alla costruzione di un'altana da parte del proprietario dell'ultimo piano, in spregio della contraria volontà  manifestata da parte dell'assemblea condominiale. Il fatto Il condomino dell'ultimo piano aveva costruito un'altana nonostante la contraria volontà  espressa dall'assemblea condominiale. L'altana, come noto, consiste in una piattaforma o in una loggetta realizzata nella parte più elevata di un edificio che, a differenza delle terrazze e dei balconi, non sporge di norma rispetto al corpo principale dell'edificio. La Corte di Appello di Venezia aveva rigettato la domanda attorea non applicando i principi di diritto già  più volte affermati dalla Corte di Cassazione sul tema e affermando apoditticamente che l'altana non impedisse l'uso del tetto da parte degli altri condomini. La Corte di Cassazione ha pertanto cassato la sentenza sul punto, rinviando ad altra sezione della Corte territoriale. Le ragioni giuridiche In tema di diritto condominiale, ai sensi dell'art. 1102 c.c., sono consentiti sia l'uso della cosa comune da parte del singolo con modalità  particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione, sia l'uso più intenso della cosa, purchè non venga alterato il rapporto di equilibrio tra tutti i comproprietari. La costruzione di un'altana, tuttavia, non costituisce nè esercizio delle facoltà  di cui all'art. 1102 c.c., nè esercizio della facoltà  riconosciuta al proprietario dell'ultimo piano di sopraelevazione ai sensi dell'art. 1127 c.c.. Al contrario, comporta la violazione del divieto contenuto nell'art. 1120 comma 2 c.c., in quanto sottrae agli altri condomini la possibilità  di uso, anche solo potenziale, del tetto. In altre parole, afferma la Corte, quando il proprietario dell'ultimo piano modifica una parte del tetto trasformandola in terrazza, o occupandolo con analoga struttura, a proprio uso esclusivo, tale modifica è da ritenersi illecita, "poichè non si è in presenza di una modifica finalizzata al migliore godimento della cosa comune, bensì all'appropriazione di una parte di questa, che viene definitivamente sottratta ad ogni possibilità  di futuro godimento da parte degli altri ("¦)".

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