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    14 luglio 2020

    Limite massimo del pagamento in contanti

    Dal 1° luglio 2020 non è più possibile pagare in contanti un importo pari o superiore a 2.000 Euro. Potranno pagarsi cose o servizi in contanti fino ad un massimo di 1.999,99 euro. Il nuovo limite all’utilizzo del contante va a sostituire il limite precedente, fissato a 3.000 euro nel 2016. Questa modifica normativa fa parte di un piano più articolato che mira ad un ulteriore abbassato dell’utilizzo dei contanti. A partire dal prossimo 1° gennaio 2022, infatti, il limite di utilizzo dei contanti sarà portato a 1.000 Euro. Per effettuare trasferimenti di denaro per importi pari o superiori ai 2.000 euro sarà, quindi, necessario utilizzare strumenti di pagamento tracciabili, come bonifici bancari oppure carte di pagamento (carte di credito, di debito o prepagate).  E’ importante sottolineare, inoltre, che il nuovo tetto all’utilizzo del contante riguarda anche le donazioni ed i mutui (anche se fatti tra familiari). Con specifico riferimento alle donazioni di denaro si rammenta il recente orientamento della Corte di Cassazione secondo cui esse sono nulle se non vengono stipulate per atto notarile alla presenza di due testimoni. Dunque, una donazione di denaro del padre al figlio superiore ad euro 2.000 se fatta mediante bonifico bancario non eluderebbe il divieto di legge in esame ma sarebbe nulla dal punto di vista del diritto civile. Ecco perché per qualsiasi spostamento di ricchezza, anche tra familiari, è più che opportuno rivolgersi al proprio notaio di fiducia per analizzare gli adempimenti di legge ed essere sicuri della validità degli atti che si compiono. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    14 luglio 2020

    Trasferimento di quote sociali, intestazione...

    Cassazione, sentenza 19 maggio 2020, n. 9139, sez. I civile. Il contratto di trasferimento di quote di partecipazione relativo a una società, indipendentemente dall’eventuale esistenza di immobili nel patrimonio di questa, non richiede né ad substantiam né ad probationem la forma scritta, la quale non è dunque necessaria per la validità ed efficacia della cessione tra le parti. Infatti, la detta cessione non comporta un trasferimento, dal socio cedente a quello cessionario, dei diritti immobiliari, i quali restano, viceversa, nella titolarità della società, che non è parte del negozio di cessione. Il pactum fiduciae con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante, o di altro soggetto da costui designato, è equiparabile al contratto preliminare per il quale l’art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma dell’atto definitivo. Tale prospettiva esclude, come è evidente, che il patto fiduciario sia soggetto alla forma scritta ad substantiam o ad probationem, allorquando abbia ad oggetto il trasferimento di quote sociali: se, infatti, il contratto di cessione di quote è a forma libera, ove pure la società sia proprietaria di immobili, resta escluso che il negozio fiduciario che lo programmi debba risultare da un contesto documentale.Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    17 ottobre 2016

    Edilizia convenzionata: quale tassazione sui...

    La Sezione specializzata in materia di imprese del Tribunale di Cagliari[1] ha da poco emesso una sentenza in cui viene ribadita la tassatività  delle cause di nullità  della società  e la non impugnabilità  in via autonoma della perizia di stima dei conferimenti diversi dal denaro, coerentemente con quanto già  affermato da altri Tribunali di merito e con il dettato normativo civilistico. Il caso è quello in cui la perizia volta ad accertare il valore di un bene sia erronea per palesi vizi di valutazione e di conseguenza si chieda anche la nullità  dell'atto costitutivo della società . A fondamento di tale decisione c'è il dettato normativo previsto dal codice civile. In particolare, l'art. 2332 c.c., richiamato in materia di s.r.l. dall'art. 2463, prevede che la nullità  della società , una volta avvenuta l'iscrizione nel Registro delle imprese, possa essere pronunciata solo nei casi elencati dalla legge stessa. I casi previsti dalla legge costituiscono pertanto ipotesi tassative che non possono essere estese in via interpretativa ad altre situazioni non previste, come ad esempio quella in cui la perizia contenga una valutazione non corretta. L'art. 2332 c.c., infatti, indica espressamente le nullità  invalidanti l'atto costitutivo e tra queste non vi è l'invalidità  della relazione giurata di stima del revisore contenente la valutazione dei conferimenti in natura. In questo caso, pertanto, l'unica via percorribile rimane quella del risarcimento del danno. Lo stesso Codice civile, infatti, prevede la possibilità , sia per le s.p.a. - art. 2343 c.c. - sia per le s.r.l. - art. 2465 -, di promuovere azione di risarcimento nei confronti dell'esperto che ha redatto la perizia di stima, sancendo espressamente che l'esperto risponde dei danni causati alla società , ai soci e ai terzi (si applicano le disposizioni dell'articolo 64 del c.p.c.). Tutta la disciplina della perizia è volta, infatti, alla corretta valutazione del valore dei beni conferiti a tutela della stessa società , dei soci e di eventuali creditori e, pertanto, nelle ipotesi in cui essa risulti palesemente viziata chi è legittimato potrà  agire per ottenere il risarcimento del danno subito ma non chiedere la nullità  dell'atto costitutivo, che rimane possibile solo nei casi tassativi espressamente previsti dalla legge. [1] Tribunale di Cagliari, Sezione specializzata in materia di impresa, sentenza n. 1600 del 24 maggio 2016.

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