• Hai bisogno di aiuto? Contattaci

  • In evidenza

    27 giugno 2017

    Nessuna responsabilità per il notaio se l'atto...

    Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza n. 11768 del 12 maggio 2017 Cosa cambia per il cittadino Recentemente la Corte di Cassazione ha affrontato l'interessante questione giuridica riguardante la responsabilità  addebitabile al notaio in caso di omessa segnalazione di un'ipoteca iscritta su un immobile oggetto di compravendita, negando la possibilità  di qualunque addebito in tal senso nel caso di negozio simulato. In questo caso, infatti, il danno, consistente negli esborsi sostenuti per le procedure esecutive intentate successivamente dai creditori, sarebbe da ritenersi conseguenza diretta ed immediata dell'accertata natura simulata dell'atto di alienazione e non della mancata segnalazione dell'ipoteca già  esistente sull'immobile. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes http://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto Dinanzi al Tribunale di Ivrea è stato convenuto in giudizio un notaio per i danni subiti da alcuni clienti in conseguenza dell'omessa segnalazione, da parte del professionista, di un'ipoteca, iscritta su un immobile oggetto di compravendita. Il notaio, nel costituirsi, ha eccepito la natura simulata dell'atto di compravendita (e la conseguente mancata corresponsione del prezzo da parte delle attrici al fittizio alienante) nonché l'assenza di nesso causale tra la sua condotta e l'evento di danno lamentato, chiedendo la chiamata in causa della simulata venditrice, nelle more fallita, e della propria compagnia assicuratrice per la manleva. Mentre il giudice di primo grado accoglieva parzialmente la domanda attorea e quella di manleva proposta dal convenuto, la Corte di Appello di Torino, investita dell'impugnazione principale proposta dal notaio e da quelle incidentali degli appellati, accoglieva la prima e rigettava la domanda delle attrici. Le ragioni giuridiche La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni. Innanzitutto ha ritenuto sussistente la legittimazione del notaio a far valere la simulazione dell'atto di compravendita, dal momento che quest'ultimo, terzo rispetto alla compravendita, appariva senz'altro pregiudicato dall'apparenza dell'atto, dato che la causa petendi della domanda risarcitoria era stata, nella specie, il negozio a titolo (asseritamente) oneroso ed il conseguente pagamento del prezzo da parte attrice. Premesso ciò, per quanto attiene poi al nesso eziologico alla base del danno, la Corte di Cassazione ha ritenuto insussistente il nesso causale tra il pur conclamato inadempimento del notaio circa l'ipoteca iscritta e gli esborsi sostenuti dalle ricorrenti in seguito alle procedure esecutive intentate dai creditori. La Corte ha sottolineato, infatti, come la manifesta irrilevanza della condotta del notaio a fini risarcitori fosse da ritenersi conseguenza diretta ed immediata dell'accertata natura simulata dell'atto di alienazione e della parimenti conseguente interruzione di un nesso di causalità  giuridicamente rilevante tra la condotta e l'evento. In altre parole, le spese sostenute per le procedure esecutive subite sono derivate non dalla mancata segnalazione dell'ipoteca ma dell'accertata natura simulata dell'atto di alienazione che ha esposto quindi le parti del negozio giuridico alle azioni dei creditori. Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui: http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

    Scopri di più
  • News

    19 maggio 2017

    Tribunale di Ivrea: l'uso del cellulare causa il...

    Tribunale Ordinario di Ivrea, Sezione Lavoro, sentenza n. 96 del 30 marzo 2017 Cosa cambia per il cittadino. Siamo sicuramente di fronte a una sentenza storica che per la prima volta riconosce l'uso del cellulare come causa di una malattia tumorale, condannando l'Inail al pagamento del risarcimento del danno alla salute al lavoratore dipendente. Certo, si tratta ancora di una sentenza isolata e occorre rimanere a vedere come la giurisprudenza nel prossimo periodo si orienterà , ma quel che è certo è che questa è la prima sentenza che afferma la connessione tra l'uso del telefonino e il tumore al cervello (che fortunatamente nel caso in esame era benigno) e riconosce, in capo al lavoratore, il diritto di vedersi riconosciuto il risarcimento del danno da malattia professionale. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes http://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. Tizio, lavoratore dipendente, era costretto per ragioni d'ufficio a usare il cellulare per un certo numero di ore al giorno e lamentava la stretta connessione tra l'uso dell'apparecchio elettronico e il tumore celebrale che intanto era sorto. Chiedeva, quindi, il risarcimento del danno subito. Le ragioni giuridiche. Il Tribunale di Ivrea, in parziale accoglimento del ricorso, ha dichiarato il lavoratore affetto da malattia professionale, che ha comportato un danno biologico permanente del 23% e, per l'effetto, ha condannato l'Inail alla corresponsione del relativo beneficio a decorrere dalla data della presentazione della domanda in sede amministrativa, oltre agli interessi al tasso legale e l'eventuale maggior danno in misura pari alla differenza tra la rivalutazione monetaria e il tasso legale sui ratei maturati e non riscossi, a decorrere dal 121' giorno dalla data della presentazione della domanda in sede amministrativa. Alla luce di questa decisione, dunque, si può facilmente evidenziare come il Tribunale abbia ritenuto esistente un nesso eziologico tra l'uso del cellulare in una certa quantità  ed il tumore, seppur fortunatamente benigno. Sussistendo quindi un rapporto di causa ed effetto tra l'uso dell'apparecchio elettronico per un certo numero di ore e l'insorgere di una malattia (a questo punto professionale) il Tribunale di Ivrea ha ritenuto conseguentemente che il relativo danno alla salute (cosiddetto danno biologico) andasse integralmente risarcito a favore del lavoratore, condannando in tal senso l'Inail. Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui: http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

    Scopri di più
  • News

    13 aprile 2017

    Consegna dell'immobile oggetto del preliminare:...

    Corte di Cassazione, Sezione III, sentenza n. 19403 del 30 settembre 2016 Cosa cambia per il cittadino. La Corte di Cassazione ha affermato che, in caso di inadempimento di un contratto preliminare, in base al quale sia già  avvenuta la consegna dell'immobile, il promittente venditore ha diritto sia a incamerare la caparra (che svolge una funzione di liquidazione preventiva del danno per inadempimento) sia a chiedere il risarcimento del danno per il periodo in cui l'immobile sia stato eventualmente occupato "sine titulo". In base a quest'ultima circostanza, al promittente venditore spetta, in particolare, un'indennità  di occupazione, che deve essere calcolata tenendo conto dell'intero periodo dell'occupazione (e non solamente a decorre dalla domanda di rilascio dell'immobile). Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperParteshttp://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. Le parti avevano stipulato un contratto preliminare di compravendita di un immobile, il cui prezzo era stato in parte pagato al momento della stipula a titolo di caparra, mentre la restante parte doveva essere pagata in parte alla consegna delle chiavi e in parte al rogito. Successivamente, però, a seguito del parziale mancato pagamento della somma pattuita, la parte promittente venditrice aveva esercitato il recesso dal contratto, chiedendo giudizialmente il rilascio del bene e il risarcimento del danno. A fronte di tale richiesta, la promissaria acquirente aveva però eccepito l'esistenza di infiltrazioni d'acqua, domandando a sua volta il trasferimento dell'immobile ex articolo 2932 c.c. e la riduzione del prezzo. Le ragioni giuridiche. La Corte di Cassazione si è pronunciata a favore del promittente venditore, stabilendo che il trattenimento della caparra non è di ostacolo alla liquidazione di ulteriori danni subiti per la protratta occupazione dell'immobile. Afferma la Corte, infatti, che la somma di denaro che, all'atto della conclusione di un contratto preliminare di compravendita, il promissario acquirente consegna al promittente venditore a titolo di caparra confirmatoria, assolve la funzione di preventiva liquidazione del danno in caso di inadempimento, mentre il danno da illegittima occupazione dell'immobile, frattanto consegnato al promissario, discende da un distinto fatto illecito, costituito dal mancato rilascio del bene dopo il recesso dal contratto del promittente e legittima quest'ultimo a richiedere un autonomo risarcimento. Ne consegue che il promittente venditore ha diritto non solo a recedere dal contratto ed a incamerare la caparra, ma anche ad ottenere dal promissario acquirente inadempiente il pagamento dell'indennità  di occupazione dalla data di immissione dello stesso nella detenzione del bene sino al momento della restituzione, attesa l'efficacia retroattiva del recesso tra le parti. Questo perchè la risoluzione del contratto fa venir meno la legittimità  del possesso del bene da parte del promissario acquirente, trasformandosi la stessa in una sorta di "occupazione sine titulo". La legittimità  originaria del possesso, infatti, viene meno a seguito della risoluzione, lasciando che l'occupazione dell'immobile si configuri come "sine titulo". Ne consegue che tali danni, originati dal lucro cessante per il danneggiato che non ha potuto trarre frutti nè dal pagamento del prezzo nè dal godimento dell'immobile, devono essere liquidati dal giudice di merito, tenendo conto dell'intera durata dell'occupazione e non solo a partire dalla domanda giudiziale di risoluzione contrattuale. Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui:http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

    Scopri di più