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    30 dicembre 2023

    Socio receduto e canoni di locazione successivi...

    Cassazione, sentenza 23 ottobre 2023, n. 29306, sez. III civile.Una volta riscontrata la regolare comunicazione ai terzi dell’avvenuto scioglimento del rapporto del socio con la società, si conferma la limitazione della responsabilità di quest’ultimo per le obbligazioni sociali fino alla data di scioglimento del rapporto (e dunque dei soli canoni maturati fino alla data dello scioglimento del rapporto sociale), dovendo escludersi, proprio ai sensi dell’art. 2290 c.c., l’invocabilità di una sua persistente responsabilità per le obbligazioni sociali relative ai canoni successivi (pur assunte in epoca anteriore allo scioglimento del vincolo sociale) a far data dalla cessazione del rapporto con la società.Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  image by  senivpetro on Freepik © Riproduzione riservata

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    13 giugno 2022

    Il recesso da una società cooperativa

    Cassazione 31 maggio 2022 n. 17667. Nelle società cooperative il recesso è un atto unilaterale recettizio che deve seguire le modalità dettate dall’art. 2532 c.c. in cui la delibera del consiglio di amministrazione è mera condizione di efficacia. La società ha un potere discrezionale che non può trasformarsi in arbitrio. Laddove siano violati i principi di correttezza e buona fede è applicabile l’art. 1359 c.c. in base al quale la condizione si considera avverata quando è mancata per causa della parte che aveva interesse contrario all’avveramento. A fronte della comunicazione di recesso del socio, dalla mancata, colpevole e persistenza dell’inerzia della cooperativa nel rispondere potrebbe discendere l’accertamento della legittimità del recesso. Nel caso di specie si trattava di cooperativa edilizia ed il socio non solo aveva ottenuto l’attribuzione dell’alloggio ma aveva altresì estinto il mutuo sullo stesso gravante. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    13 aprile 2017

    Consegna dell'immobile oggetto del preliminare:...

    Corte di Cassazione, Sezione III, sentenza n. 19403 del 30 settembre 2016 Cosa cambia per il cittadino. La Corte di Cassazione ha affermato che, in caso di inadempimento di un contratto preliminare, in base al quale sia già  avvenuta la consegna dell'immobile, il promittente venditore ha diritto sia a incamerare la caparra (che svolge una funzione di liquidazione preventiva del danno per inadempimento) sia a chiedere il risarcimento del danno per il periodo in cui l'immobile sia stato eventualmente occupato "sine titulo". In base a quest'ultima circostanza, al promittente venditore spetta, in particolare, un'indennità  di occupazione, che deve essere calcolata tenendo conto dell'intero periodo dell'occupazione (e non solamente a decorre dalla domanda di rilascio dell'immobile). Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperParteshttp://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. Le parti avevano stipulato un contratto preliminare di compravendita di un immobile, il cui prezzo era stato in parte pagato al momento della stipula a titolo di caparra, mentre la restante parte doveva essere pagata in parte alla consegna delle chiavi e in parte al rogito. Successivamente, però, a seguito del parziale mancato pagamento della somma pattuita, la parte promittente venditrice aveva esercitato il recesso dal contratto, chiedendo giudizialmente il rilascio del bene e il risarcimento del danno. A fronte di tale richiesta, la promissaria acquirente aveva però eccepito l'esistenza di infiltrazioni d'acqua, domandando a sua volta il trasferimento dell'immobile ex articolo 2932 c.c. e la riduzione del prezzo. Le ragioni giuridiche. La Corte di Cassazione si è pronunciata a favore del promittente venditore, stabilendo che il trattenimento della caparra non è di ostacolo alla liquidazione di ulteriori danni subiti per la protratta occupazione dell'immobile. Afferma la Corte, infatti, che la somma di denaro che, all'atto della conclusione di un contratto preliminare di compravendita, il promissario acquirente consegna al promittente venditore a titolo di caparra confirmatoria, assolve la funzione di preventiva liquidazione del danno in caso di inadempimento, mentre il danno da illegittima occupazione dell'immobile, frattanto consegnato al promissario, discende da un distinto fatto illecito, costituito dal mancato rilascio del bene dopo il recesso dal contratto del promittente e legittima quest'ultimo a richiedere un autonomo risarcimento. Ne consegue che il promittente venditore ha diritto non solo a recedere dal contratto ed a incamerare la caparra, ma anche ad ottenere dal promissario acquirente inadempiente il pagamento dell'indennità  di occupazione dalla data di immissione dello stesso nella detenzione del bene sino al momento della restituzione, attesa l'efficacia retroattiva del recesso tra le parti. Questo perchè la risoluzione del contratto fa venir meno la legittimità  del possesso del bene da parte del promissario acquirente, trasformandosi la stessa in una sorta di "occupazione sine titulo". La legittimità  originaria del possesso, infatti, viene meno a seguito della risoluzione, lasciando che l'occupazione dell'immobile si configuri come "sine titulo". Ne consegue che tali danni, originati dal lucro cessante per il danneggiato che non ha potuto trarre frutti nè dal pagamento del prezzo nè dal godimento dell'immobile, devono essere liquidati dal giudice di merito, tenendo conto dell'intera durata dell'occupazione e non solo a partire dalla domanda giudiziale di risoluzione contrattuale. Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui:http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/

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