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    21 settembre 2020

    Possibili novità urbanistiche in arrivo

    La fonte normativa e l’interesse delle novità. Il c.d. Decreto legge semplificazioni del 16 luglio 2020 n. 76 all’articolo 10 ha previsto modifiche al D.P.R. 2001 n. 380 (Testo Unico dell’Edilizia). Le disposizioni in sede di conversione in legge potrebbero essere cambiate ma è comunque opportuno iniziare a conoscerle perché riguardano da vicino i cittadini e tutti i professionisti del settore immobiliare. Le modifiche previste. Il decreto incide su molteplici e rilevanti aspetti dell’attività edilizia come, ad esempio, a titolo esemplificativo, la definizione di ristrutturazione edilizia e di manutenzione straordinaria, il permesso di costruire in deroga, l’attività edilizia libera, le deroghe in materia di distanza tra fabbricati, la riduzione del contributo concessorio. Le tre novità di maggior importanza meritano un autonomo cenno. Il permesso di costruire per silenzio assenso. Per molti contratti aventi ad oggetto immobili la legge (art. 46 Testo unico dell’edilizia) prevede la nullità dell’atto in assenza della indicazione degli estremi del permesso di costruire per dichiarazione dell’alienante. Il Decreto semplificazioni prevede che decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo sulla domanda di permesso di costruire, sussistendo determinati requisiti, si forma il silenzio-assenso.  Lo sportello unico per l’edilizia del comune competente, su richiesta dell’interessato, rilascia una attestazione del decorso di tale termine. In questo modo si potrà fare riferimento ad una formale attestazione sulla formazione del silenzio-assenso.  Agibilità per fabbricati risalenti nel tempo. I fabbricati esistenti di costruzione risalente nel tempo sono privi di certificato di agibilità e il rilascio dello stesso è particolarmente complicato perché bisogna rispettare i requisiti delle normative vigenti in materia sanitaria, di sicurezza, di abbattimento delle barriere architettoniche e di risparmio energetico. Il Decreto semplificazioni consente la presentazione della segnalazione certificata di agibilità anche con riguardo a tale categoria di fabbricati a condizione che siano stati realizzati legittimamente, siano privi dell’agibilità e presentino i requisiti igienico-sanitari, di sicurezza, di abbattimento delle barriere architettoniche, di risparmio energetico che saranno definiti con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. L’attestazione dello stato legittimo dell’immobile. Nella prassi degli uffici tecnici comunali e della contrattazione immobiliare si sono delineati dei criteri per verificare la regolarità edilizia dell’immobile ma senza alcun parametro legislativo. Il Decreto semplificazioni individua i criteri in forza dei quali un tecnico abilitato può rendere una attestazione asseverata della legittimità dell’immobile.  Ratio delle modifiche. Le modifiche del Decreto in oggetto sono accomunate dalla medesima ratio e cioè quella di semplificare il rapporto tra il cittadino e la pubblica amministrazione nel settore immobiliare fornendo certezze e tempi rapidi nell’adempimento delle funzioni di controllo pubblico. Avvocato Andrea Pentangelo Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata    

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    19 marzo 2019

    L'agibilità degli edifici oggi

    L'agibilità degli edifici oggi  Il D.Lgs. n. 222/2016 ha modificato profondamente la normativa in tema di agibilità degli edifici. L'agibilità non deve essere più rilasciata da parte del Comune, né si consegue mediante silenzio-assenso. Viene ora autocertificata, per il tramite del Direttore dei lavori, entro quindici giorni dalla chiusura dei lavori stessi tramite una segnalazione certificata che si presenta allo Sportello unico per l'edilizia del Comune. La novità importante sta soprattutto nel fatto che è cambiato il contenuto della certificazione di "agibilità". Il certificato di agibilità attestava per definizione "la sussistenza delle condizioni di sicurezza, di igiene, di salubrità e risparmio energetico per le nuove costruzioni, le ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali e gli interventi sugli edifici già esistenti che influiscano sulle condizioni di sicurezza e di igiene". L'attuale AUTO-certificazione di agibilità deve attestare anche la conformità della costruzione al progetto presentato. Non ci si limita più, in altri termini, ad attestare l'idoneità dell'edificio ad essere utilizzato per l'uso cui è destinato sotto il profilo igienico-sanitario, della sicurezza e del risparmio energico: la segnalazione certificata di agibilità deve essere corredata sempre, come prima, dalla attestazione del direttore dei lavori sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico, ma anche dalla attestazione sulla conformità dell’opera al progetto presentato, nonché dal certificato di collaudo statico e dalla dichiarazione di conformità delle opere alla normativa in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche e dalla  dichiarazione dell'impresa installatrice sulla conformità degli impianti installati.  Il D.L. n. 69/2013 - all'art. 30, co. 1, lett. g) - aveva già introdotto anche la fattispecie della “agibilità parziale”, che riguarda solo una o più porzioni di più ampio fabbricato che sia/siano autonome funzionalmente o solo alcuni edifici nell’ambito di più ampi complessi immobiliari; si tratta, in realtà, di una figura che era già ricorrente nella pratica. Può essere utile ricordare per inciso che, per sgomberare il campo da qualsiasi equivoco sul piano concettuale ed applicativo,  il T.U. D.P.R. n.380/2001 aveva ridotto ad unità i termini di agibilità ed abitabilità. Dal 2001 in poi, quindi, si può parlare indifferentemente di abitabilità o di agibilità per far riferimento al medesimo concetto. Tale riconduzione ad unità fu opportuna perché in passato si era spesso fatto confusione, dal momento che la giurisprudenza e la dottrina facevano riferimento al concetto di "abitabilità" in relazione ai fabbricati destinati ad essere - appunto - abitati, mentre al concetto di "agibilità" per tutti gli altri edifici ad uso non residenziale - uffici, esercizi pubblici e commerciali, opifici.   Attualmente la presentazione della segnalazione certificata di agibilità da parte del tecnico abilitato crea, pertanto, una presunzione di conformità urbanistico/edilizia, che è presunzione “iuris tantum” in quanto fondata su una dichiarazione di parte privata e non su un procedimento pubblico di accertamento di conformità.   In giurisprudenza si era storicamente sostenuto, nel sistema previgente, che la conformità dell'opera al progetto edilizio ed agli strumenti urbanistici vigenti fosse condizione necessaria per il rilascio del certificato di agibilità; tuttavia, la legge non richiedeva espressamente tale presupposto, cosicchè il Comune, ai fini del rilascio del certificato stesso, non era per legge tenuto ad accertare la regolarità urbanistica ed edilizia del fabbricato. La dichiarazione e la documentazione con riguardo alla conformità edilizia spettava al richiedente, senza coinvolgimento diretto del Comune che, sulla base di quella dichiarazione e quella documentazione, rilasciasse l'agibilità. Resta in ogni caso fermo, anche dopo la modifica normativa, che la agibilità, pur incidendo sulla possibilità di adibire legittimamente la cosa all'uso previsto, non sia condizione necessaria per la commerciabilità di un immobile, né per la validità dei relativi atti di trasferimento.  Ciò significa che si puo' trasferire legittimamente un edificio privo della agibilità (in presenza dei presupposti per ottenerla/dichiararla) o anche privo dei requisiti prescritti per la agibilità stessa quando l'acquirente ha interesse in ogni caso ad acquistare l'immobile. E', tuttavia, molto opportuno che nel caso di trasferimento di un immobile privo della agibilità, si regolamenti tale aspetto tra le parti specialmente al fine di evitare future contestazioni.  Va tenuto conto che è consolidata la giurisprudenza secondo la quale la vendita di un immobile abitativo privo dell'agibilità non è nulla per illiceità dell'oggetto, ma ben legittima la richiesta della risoluzione quando risulti, anche solo implicitamente, che il venditore aveva in qualche modo assunto l'obbligo dell'agibilità.   Un atto avente ad oggetto il trasferimento di un immobile privo del certificato di agibilità o addirittura privo dei requisiti prescritti per la agibilità è valido e ricevibile, perché deve esser chiaro che la regolarità urbanistico-edilizia e la agibilità di un immobile oggetto di contratto si pongono su due piani distinti e autonomi.  L'art. 46 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (già art. 40 della L. 28 febbraio 1985 n. 47) prescrive a pena di nullità la menzione nell’atto di alienazione del titolo abilitativo in virtù del quale l’immobile è stato realizzato, mentre nello stesso testo di legge non è imposta alcuna menzione della documentazione attestante e/o comprovante la agibilità dell'immobile.  Benchè la agibilità non incida sulla commerciabilità giuridica di un fabbricato, essa finisce in ogni caso per incidere su quella che viene qualificata come commerciabilità “economica”. E', infatti, la agibilità il presupposto per la utilizzabilità di un fabbricato per l'uso cui è destinato.   Tuttavia, l'acquirente ben può essere interessato ad acquistare un immobile che sia privo della agibilità, anche se la presenza o meno della agibilità puo' incidere sulle condizioni di vendita, e, specificamente, sulla determinazione del prezzo. Anche se va tenuto in debito conto - anche ai fini della determinazione dell'ammontare del corrispettivo - che la mancanza della certificazione non comporta necessariamente la assenza in concreto della agibilità: occorre, cioè, distinguere tra assenza di certificazione e assenza di requisiti per poter certificare la agibilità. La Cassazione, chiamata a valutare la responsabilità del notaio che aveva ricevuto un atto di compravendita di immobile privo dei requisiti prescritti dalla legge per la abitabilità/agibilità  - con sentenza n. 10296 del 21/6/2012 - ha affermato che il notaio incaricato della stipula di un atto di compravendita immobiliare risponde dei danni sofferti dall’acquirente derivanti dalla assenza dei requisiti per il rilascio del certificato di abitabilità - non rilevando che la mancanza di quei requisiti potesse essere accertata anche dallo stesso acquirente agevolmente - quando non venga provato che il professionista aveva informato l'acquirente stesso della situazione e delle sue possibili conseguenze; nel caso all'attenzione della Suprema Corte il notaio è stato sanzionato non già perchè aveva ricevuto l'atto, ma perchè era venuto meno al proprio dovere professionale di informazione e di consulenza. 

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    19 aprile 2017

    Vendita di un immobile senza certificato di...

    Cassazione civile, Sezione II, 30/01/2017, n. 2294   Cosa cambia per il cittadino. Il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l'obbligo di sostenere tutti gli oneri necessari al fine di ottenere il rilascio del certificato di abitabilità  ed ha altresì un preciso dovere di consegnare all'acquirente il certificato di abitabilità  stesso. In ragione di ciò, la violazione di tale obbligo può legittimare sia la domanda di risoluzione del contratto, sia quella di risarcimento del danno, sia l'eccezione di inadempimento. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes http://associazionesuperpartes.it/notai/ Il fatto. Con atto di citazione a comparire avanti il Tribunale di Palermo, gli acquirenti di un immobile ad uso abitativo convenivano in giudizio il venditore dello stesso chiedendone la condanna al pagamento della somma corrispondente alle spese necessarie per ottenere la concessione della licenza di abitabilità  dell'immobile da loro acquistato, in ragione del fatto che un anno dopo l'acquisto avevano constatato la presenza al piano terra di forte umidità  e di ciò ne avevano dato notizia al venditore, senza tuttavia avere alcun riscontro. A seguito dell'istruttoria svolta durante tale giudizio, veniva appurato che la risalita di acqua dal sottosuolo era dovuta ad una serie di difetti costruttivi e che tale situazione era ostativa al rilascio del certificato di abitabilità , se non previa realizzazione delle opere occorrenti per rendere l'appartamento conforme alle prescrizioni del regolamento locale di igiene. Il Tribunale di Palermo accoglieva la domanda, condannava il venditore al pagamento dell'importo richiesto e tale decisione veniva confermata dalla competente Corte d'Appello. Avverso tale ultima sentenza proponeva ricorso per Cassazione il soggetto venditore, ma la Suprema Corte ha rigettato tale gravame, confermando la sentenza d'appello. Le ragioni giuridiche. Al fine di comprendere l'istituto in esame, dev'essere ricordato che il certificato di agibilità  è il documento che attesta la sussistenza di determinati standards igienici e sanitari e di sicurezza, garantendo che in fase di costruzione sono state osservate le prescrizioni igienico-sanitarie stabilite dalle leggi vigenti al momento della costruzione o dell'intervento. Dev'essere inoltre premesso che la disciplina dell'agibilità  (o abitabilità ) degli edifici è contenuta nell'art. 24 del DPR 380/2001 (T.U. in materia edilizia) ed è stata recentemente modificata, in nome della semplificazione dei regimi amministrativi in materia edilizia dall'art. 3 del Dlgs 222/2016. Contrariamente alla formulazione originaria di tale norma “ secondo la quale il certificato di agibilità  veniva rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale su domanda del soggetto titolare del permesso di costruire o di colui che aveva presentato la DIA/SCIA -, l'attuale regime prevede che la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità , risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità  dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità  sono attestati mediante segnalazione certificata presentata dal soggetto titolare del permesso di costruire, o dal soggetto che ha presentato la segnalazione certificata di inizio di attività . In altre parole, si è passati da un regime in cui l'agibilità  veniva richiesta dal soggetto interessato e rilasciata dall'Ufficio comunale (ferma restando l'applicazione del silenzio assenso decorsi inutilmente 30 giorni dalla presentazione della documentazione necessaria al rilascio), a quello attuale in cui l'agibilità  viene certificata documentalmente (in particolare attraverso l'attestazione del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista abilitato che assevera la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene e salubrità ) direttamente dal soggetto interessato. Orbene, ciò premesso, dev'essere precisato che la vicenda oggetto della sentenza qui in commento si fonda naturalmente sull'applicazione del vecchio regime dell'agibilità . Nello specifico, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dal venditore confermando la sentenza d'appello ed in particolare che il difetto del certificato di abitabilità , risolvendosi nella mancanza di un requisito giuridico essenziale, configura un'ipotesi di vendita di aliud pro alio, legittimante l'acquirente all'esercizio dell'azione risarcitoria. In ragione di ciò, prosegue la Corte, il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l'obbligo di consegnare all'acquirente il certificato di abitabilità  e la violazione di tale obbligo può pertanto legittimare sia la domanda di risoluzione del contratto, con conseguente restituzione di quanto versato, sia quella di risarcimento del danno. A tal proposito ed a scanso di equivoci dev'essere precisato che la Cassazione qualifica l'immobile privo di certificato di agibilità come incommerciabile, laddove tuttavia lincommerciabilità si deve riferire esclusivamente alla possibilità  di azionare il rimedio risolutorio e risarcitorio e non certo alla libera commerciabilità  dell'immobile. In particolare, precisa la Corte, l'inadempimento da parte del venditore all'obbligo di rilasciare il certificato non è escluso dalla circostanza che egli, al momento della stipula, abbia già  presentato una domanda di condono per sanare l'irregolarità  amministrativa dell'immobile; né rileva che l'immobile fosse già  utilizzato dai precedenti proprietari o inquilini a fini abitativi. Per completezza dev'essere altresì evidenziato che in altre circostanze la Cassazione ha avuto modo di precisare che queste stesse considerazioni valgono anche nel caso in cui venditore e acquirente abbiano firmato solo un contratto preliminare e non ancora l'atto di trasferimento della proprietà  vero e proprio. Anche in tale ipotesi, infatti, è sufficiente la mancanza di agibilità  per poter recedere dalla promessa di acquisto e non addivenire alla stipula del contratto definitivo[1]. Avv. Ambrogio Dal Bianco Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui: http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/ [1] Per esempio, Cass. Civ., Sez. II, 08/02/2016, n. 2438: l'acquirente ha interesse a ottenere la proprietà  di un immobile che sia idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all'acquisto. Di conseguenza, se il promittente venditore non consegna il certificato di agibilità , la stipula del definitivo può sempre essere rifiutata, anche se la mancata consegna dipende dall'inerzia del Comune al rilascio del documento. Infatti, l'obbligo di consegnare il certificato di agibilità grava ex lege sul venditore, in base all'art. 1477, comma 3, c.c. e a ciò consegue che il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo dei certificati di abitabilità  o di agibilità e di conformità  alla concessione edilizia. Il venditore, dunque, ha l'obbligo di consegnare all'acquirente il certificato, richiedendolo e sostenendone le spese, e l'inadempimento di tale obbligo è di per sé foriero di danno emergente, in quanto costringe l'acquirente a provvedere in proprio. 

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