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    25 agosto 2017

    Sezioni Unite: i luoghi di lavoro non rientrano...

    Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 31345 del 22 giugno 2017 Le Sezioni Unite di Cassazione sono intervenute a dirimere un'annosa questione stabilendo che, ai fini della configurabilità  del delitto previsto dall'articolo 624 bis c.p., i luoghi di lavoro non rientrano nella nozione di privata dimora, "salvo che il fatto sia avvenuto all'interno di un'area riservata alla sfera privata della persona offesa". In altre parole, secondo il principio affermato dalle Sezioni Unite, rientrano nella nozione di privata dimora di cui all'articolo 624 bis c.p. esclusivamente i luoghi, anche destinati ad attività  lavorativa o professionale, nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata e che non siano aperti al pubblico ne' accessibili a terzi senza il consenso del titolare. In tutti gli altri casi, qualora il fatto sia commesso all'interno di un luogo di lavoro non sarà  applicabile la disciplina del furto in abitazione, ma solamente quella di furto. Nel caso di specie, in particolare, affermano le Sezioni Unite, non è emerso dagli atti di causa che il locale avesse le caratteristiche in precedenza delineate, dal momento che la somma di denaro sottratta si trovava nella cassa dell'esercizio e la macchina fotografica su un tavolo accessibile al pubblico, con conseguente esclusione della possibilità  di sussumere il fatto nel delitto di furto in abitazione ai sensi dell'art. 624 bis c.p. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes Il fatto Tizio si introduceva in un esercizio commerciale rompendo la finestra e asportando alcune centinaia di euro e una macchina fotografica di proprietà  del titolare dell'esercizio. Per tale fatto veniva condannato dal Tribunale di Macerata, sez. dist. di Civitanova Marche, per il reato di furto in abitazione (art. 624 bis c.p.) aggravato dalla violenza sulle cose (art. 625 c.p. comma 1, n. 2), decisione poi confermata anche dalla Corte di Appello di Ancona. A fronte della decisione veniva proposto ricorso per Cassazione, assumendo che affinché un luogo possa considerarsi privata dimora, è necessario che in concreto vi si svolgano, anche se in modo transitorio e contingente, atti della vita privata, mentre nella specie si trattava di un ristorante e il fatto si era verificato in orario di chiusura dell'esercizio quando non vi erano persone presenti. La Quinta Sezione penale rimetteva, infine, la questione alle Sezioni Unite, ravvisando l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale. Le ragioni giuridiche Per risolvere la questione sottoposta alla loro attenzione, le Sezioni Unite ritengono che si debba partire dalla nozione stessa di "privata dimora", sottolineando come non vi sia dubbio che essa sia più ampia di quella di abitazione, ma che comunque non si possa prescindere dal tenore letterale della norma. "Dimora", nella lingua italiana, è il luogo in cui una persona, che non vi risiede in modo stabile, attualmente abita e permane; deriva infatti dal latino morari (fermarsi, trattenersi, soggiornare). Secondo le Sezioni Unite basterebbe già  questo per escludere dalla nozione di dimora tutti i casi in cui ci si trovi in un luogo in modo del tutto occasionale (anche se per svolgere atti della vita privata) e senza avere alcun rapporto (tranne la presenza fisica) con il luogo medesimo. Inoltre nella descrizione della fattispecie di cui all'articolo 624-bis c.p., l'espressione "privata dimora" è preceduta dalle parole "in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte (...), che implica che si debba trattare di un luogo "destinato" a privata dimora, come a rafforzare il significato dell'espressione. Applicando queste coordinate interpretative ai luoghi di lavoro, le Sezioni Unite ritengono che, seppur non vi è dubbio che nei luoghi di lavoro il soggetto possa compiere atti della vita privata, ciò non è sufficiente di per sé per affermare che tali luoghi rientrino nella nozione di privata dimora. Infatti, affermano le Sezioni Unite, "i luoghi di lavoro, generalmente, sono accessibili ad una pluralità  di soggetti anche senza il preventivo consenso dell'avente diritto: ad essi è quindi estraneo ogni carattere di riservatezza, essendo esposti, per definizione, alla intrusione altrui" e dunque "con riferimento ad essi è, pertanto, fuor di luogo parlare di riservatezza o di necessità di tutela della sfera privata dell'individuo".  Per tutte queste ragioni le Sezioni Unite hanno ritenuto di aderire all'orientamento minoritario e non a quello maggioritario che interpretava estensivamente la nozione di privata dimora, risultando di conseguenza, secondo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, la disciplina dettata dall'articolo 624 bis c.p. come estensibile ai luoghi di lavoro soltanto se essi abbiano le caratteristiche proprie dell'abitazione, che è un accertamento tuttavia che deve essere compiuto dai giudici di merito. In altre parole, secondo le Sezioni Unite, "potrà , quindi, essere riconosciuto il carattere di privata dimora ai luoghi di lavoro se in essi, o in parte di essi, il soggetto compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l'accesso a terzi (ad esempio, retrobottega, bagni privati o spogliatoi, area riservata di uno studio professionale o di uno stabilimento)", come confermato anche dall'art. 52 comma 3 c.p., dal momento che "se, dunque, la nozione di privata dimora comprendesse, indistintamente, tutti i luoghi in cui il soggetto svolge atti della vita privata, non vi sarebbe stata alcuna necessità  di aggiungere l'articolo 52, comma 3 per estendere l'applicazione della norma anche ai luoghi di svolgimento di attività  commerciale, professionale o imprenditoriale. Evidentemente tale precisazione è stata ritenuta necessaria perché, secondo il legislatore, la nozione di privata dimora non è, in generale, comprensiva dei luoghi di lavoro". 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