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    03 maggio 2021

    Conti correnti: la cointestazione e' cosa...

    03/05/21 Accade spesso nella pratica che l'originario unico titolare di un conto corrente bancario o postale - al quale è collegato eventualmente anche un dossier titoli - nel corso del rapporto con la banca (o con PosteItaliane), decida di autorizzare, con il deposito della nuova firma dell'interessato, la cointestazione del proprio conto con un altro soggetto (nella maggior parte dei casi i cointestatari appartengono allo stesso nucleo familiare, ma nulla esclude che il cointestatario sia un soggetto non parente). La intestazione congiunta consente ai contitolari che abbiano poteri di firma disgiunta di effettuare operazioni imputabili a quel conto in modo autonomo l'uno dall'altro. L'esempio ricorrente e' quello del genitore che, per gestire più semplicemente il proprio conto corrente, lo cointesti ad uno solo dei propri figli, perchè con quest'ultimo convive o ha contatti quotidiani: il figlio utilizza le somme del conto per la spesa e le necessità quotidiane del genitore, per pagare le utenze, insomma ne gestisce spesso, in questo modo, la pensione provvedendo ai suoi bisogni in considerazione della difficoltà della persona anziana a recarsi a sportelli di filiale o di bancomat. In questi casi la cointestazione viene scelta come atto in sostanza equiparabile ad una delega alle operazioni sul conto. L'intenzione del genitore può essere, pero', quella di beneficiare il figlio delle somme depositate su quel conto. Come individuare la titolarità del danaro in deposito sul conto? E che cosa accade alla morte dell'intestatario originario: la giacenza sul conto va tutta ripartita tra gli eredi o per metà è e resta del cointestatario? Per rispondere a questi interrogativi è opportuno tenere presente l'indirizzo interpretativo della giurisprudenza, anche di legittimità, secondo il quale la cointestazione del conto corrente trasferisce al cointestatario la sola legittimazione ad operare su quel conto, ma non anche la titolarità del credito che il correntista ha verso la banca. Facciamo un passo indietro per distinguere: quando versa danaro sul proprio conto corrente, il depositante ne perde la proprietà e, per l'effetto di quel versamento, acquista da quel momento un diritto di credito verso la banca alla restituzione del denaro depositato. La giurisprudenza, anche con recenti pronunce della Corte di Cassazione, statuisce che la cointestazione di un conto corrente non implica anche la contitolarità di questo suindicato diritto di credito. Non basta, quindi, la sola cointestazione di un conto corrente per trasferire al cointestatario l'analogo diritto alla restituzione delle somme: per ottenere questo risultato è necessario concludere un apposito contratto di cessione o di donazione di credito tra l' originario unico intestatario e il nuovo cointestatario.La cointestazione di un conto corrente comporta, in altre parole, soltanto una presunzione di comproprietà: si presume che la giacenza sul conto sia di spettanza di tutti i cointestatari in parti eguali tra loro, fino alla prova contraria, che può essere data senza limitazioni. Ciò significa che, se nulla viene espressamente previsto, il cointestatario può operare sul conto, ma non ha lo stesso diritto di credito vantato dal correntista verso la banca - e ciò al pari di un soggetto al quale dal correntista venga conferita una procura a gestire quel conto, fermo restanto che in quest'ultimo caso di conferimento di una mera procura alla gestione, il procuratore nominato resta in ogni caso escluso dalla intestazione di quel conto. Chi chiede la cointestazione di un conto corrente deve essere a conoscenza del fatto che quella cointestazione altro non è che una dichiarazione fatta alla banca, nella quale non si intende compresa anche la volontà di trasferire al cointestatario il credito verso la banca. Questo è ciò che consegue all'inquadramento della fattispecie da parte della giurisprudenza: per vincere la presunzione di comunione del conto è sufficiente provare che il saldo attivo derivi da versamenti di somme effettuati da parte del solo originario cointestatario (per es., come sovente avviene, con l'accredito mensile dello stipendio/della pensione), mentre l'altro cointestatario nulla versa - spesso l'altro intestatario non è proprio percettore di un reddito o, comunque, non percepisce redditi tali da giustificare l'ammontare delle somme in deposito; pertanto, il cointestario non potrà avanzare pretese su tale saldo, perché il diritto di credito alla restituzione e' di spettanza soltanto di colui che su quel conto ha versato.La cointestazione ha sì l'effetto di liberare la banca da responsabilità se e quando il cointestatario operi sul conto attraverso l'imputazione delle operazioni che effettua, ma il cointestatario che si appropri del danaro proveniente da quel conto sul quale non ha depositato compie un abuso. E ciò in quanto la ricostruzione fatta dalla giurisprudenza è nel senso di collocare il rapporto interno tra i correntisti nell'alveo dell'art. 1298, comma 2, c.c., mentre il rapporto con l'istituto di credito nell'alveo dell'art. 1854 c.c., cosicché se il saldo attivo deriva da versamenti effettuati da uno solo dei cointestatari, l'altro non può avanzare legittimamente pretese su quel saldo. In conclusione, per le cose dette, se l'intenzione dell'intestatario originario è, quindi, quella di “cedere ” pro quota il danaro oggetto dei versamenti sul conto al nuovo cointestatario, anche per evitare future liti con gli (altri) eredi alla propria morte, è opportuno procedere ad un atto apposito di cessione o di donazione per atto di notaio. Rubina De Stefano, notaio in Salerno (SA) ed associata SuperPartes Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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