La donazione è il contratto con il quale un soggetto (il “donante”) trasferisce un proprio diritto (ad esempio la proprietà di un immobile o di una somma di denaro) ad un altro soggetto (“donatario”) o assume verso quest’ultimo un’obbligazione (ad esempio: l’obbligo di corrispondergli una rendita vitalizia) per spirito di liberalità, senza, cioè, ricevere una controprestazione e con la specifica volontà di arricchirlo impoverendo se stesso.

Trattandosi di un’attività giuridica che determina un impoverimento del patrimonio del donante, senza che questi ottenga alcunché in cambio, la legge prescrive per l’atto di donazione forme “solenni”: il Codice civile commina, infatti, la nullità della donazione (e cioè la conseguenza che nessun diritto è trasferito e nessun obbligo è assunto) qualora essa non sia stipulata per atto pubblico – e quindi con il necessario intervento del notaio – in presenza di due testimoni.

Nella vita quotidiana, tuttavia, l’intento di un soggetto di beneficiare un altro soggetto senza avere una controprestazione in cambio si raggiunge spesso anche mediante strumenti diversi rispetto alle donazioni “formali”. Si pensi, ad esempio, ad un padre che estingue un debito del figlio senza farsi rimborsare le somme pagate.

In tutti questi casi è possibile parlare di donazione “indiretta”: infatti, al pari della donazione formale, si verifica un arricchimento del beneficiario in correlazione ad un connesso “impoverimento” del disponente, ma attraverso strumenti giuridici diversi dalla donazione e, quindi, senza che siano seguite le formalità necessarie per quest’ultima. La donazione viene definita “indiretta” proprio perché si giunge al medesimo effetto di una donazione, ma “indirettamente”, attraverso un percorso diverso.

La donazione indiretta, pertanto, è caratterizzata dal fine perseguito di realizzare una liberalità, e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall’ordinamento. In particolare, tali liberalità si possono realizzare, ad esempio:

  • con atti diversi dal contratto (ad esempio, con negozi unilaterali come le rinunce abdicative);
  • con contratti rispetto ai quali il beneficiario è terzo;
  • con la combinazione di più negozi o di negozi e atti giuridici (come nel caso dell’intestazione di beni a nome altrui). 

È bene, tuttavia, non confondere la donazione indiretta con la donazione simulata: la differenza consiste nel fatto che mentre nella prima il negozio, cui la liberalità viene immediatamente a collegarsi, è effettivamente voluto e concluso, nella seconda si è in presenza di un negozio apparente che non corrisponde alla reale volontà delle parti, le quali si limitano a dare parvenza di un rapporto oneroso all’effettiva liberalità che intendono porre in essere. Ad esempio, le parti potranno simulare una donazione ma porre in essere una compravendita per evadere parzialmente le imposte sul trasferimento.

Per evitare meccanismi elusivi in ordine ai criteri di calcolo della legittima, la legge equipara il più delle volte le donazioni indirette a quelle dirette. Ciò comporta che i legittimari dovranno imputare quanto ricevuto a titolo anche di donazione indiretta e che la base di calcolo della legittima sarà costituita anche da quanto fuoriuscito dal patrimonio ereditario in forza di liberalità indirette. Ad esempio, laddove un genitore acquisti una casa al figlio con denaro proprio, l’immobile acquistato sarà considerato come se fosse stato donato con atto di donazione diretta dal padre al figlio ai fini del calcolo della quota legittima. 

Dal punto di vista delle disposizioni tributarie applicabili, l’imposta di donazione non si applica se la donazione indiretta:

  • è collegata ad atti (come la compravendita immobiliare) per i quali sono dovute l’imposta di registro o sul valore aggiunto;
  • riguarda casi di donazione di modico valore;
  • è destinata a spese per il mantenimento, l’educazione o la malattia;
  • non risulta da atto scritto soggetto a registrazione.

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

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