Cassazione, sentenza 10 giugno 2020, n. 11121.

In tema di azione revocatoria ordinaria, l’esistenza di una ipoteca sul bene oggetto dell’atto dispositivo, anche se di entità tale da assorbirne, se fatta valere, l’intero valore, non esclude la connotazione di quell’atto come “eventus damni” (presupposto per l’esercizio dell’azione pauliana), atteso che la valutazione, tanto della idoneità dell’atto dispositivo a costituire un pregiudizio, quanto della possibile incidenza, sul valore del bene, della causa di prelazione connessa alla ipoteca, va compiuta con riferimento non al momento del compimento dell’atto, ma con giudizio prognostico proiettato verso il futuro, per apprezzare l’eventualità del venir meno, o di un ridimensionamento, della garanzia ipotecaria.

In tema di azione revocatoria ordinaria, quando l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, unica condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore.

La relativa prova può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato.

Nel caso di specie è soggetto a revocatoria ordinaria l’atto di cessione della nuda proprietà di un immobile anche se il bene è gravato da ipoteca.

La probabile futura estinzione parziale del mutuo induce infatti a ritenere che la soddisfazione del creditore sarebbe stata comunque possibile in prospettiva.

Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes 

Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes 

Autore immagine: Pixabay.com

© Riproduzione riservata