Corte di Cassazione, sentenza n. 3562 del 10 febbraio 2017

La Corte di Cassazione, in questa importante sentenza, ha colto l'occasione per chiarire definitivamente la portata dell'art. 20 D.P.R. 131/1986 in termini di norma "interpretativa" e non antielusiva, che impone una qualificazione oggettiva degli atti secondo la loro "causa concreta" e ciò anche a prescindere dalla qualificazione formale ad essi attribuiti dalle parti. Nel caso di specie, in particolare, in presenza di una causa unitaria che lega i singoli atti e di circostanze fattuali che depongono in tal senso, il conferimento di un'azienda in società  e la cessione delle quote della conferita possono integrare una cessione di azienda, con conseguente applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale.

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Il fatto

La vicenda prende le mosse da un avviso di liquidazione di imposta di registro notificato dall'Agenzie delle Entrate, avverso il quale la contribuente proponeva ricorso. In particolare l'Agenzia delle Entrate contestava l'omessa applicazione dell'imposta di registro ad alcune operazioni di conferimento di azienda compiute dalla società  attraverso cessione di partecipazioni societarie.

Le ragioni giuridiche

La Corte di Cassazione, nell'accogliere il ricorso, ha sottolineato come l'art. 20 D.P.R. 131/86 consideri elemento preminente la causa reale dell'operazione, motivo per cui il conferimento di un'azienda in società  e la cessione delle quote della conferita possono integrare una cessione di azienda qualora le circostanze fattuali esterne all'atto depongano in tal senso; e tale circostanza non è smentita nemmeno dall'alterità  soggettiva tra cessionario dell'azienda e cessionario delle quote o dal fatto che l'operazione sia effettivamente genuina.

L'intento elusivo non rientra, infatti, nella fattispecie normativa dell'art. 20 D.P.R. 131/1986, dal momento che quest'ultimo concerne l'oggettiva portata effettuale dei negozi e non contiene una disposizione antielusiva in senso stretto, come quella ad esempio contenuta nell'art. 37 bis D.P.R. 600/1973 - all'epoca dei fatti applicabile e poi sostituito dall'art. 10 bis della Legge 212/2000 -, ma semplicemente una regola interpretativa.

L'art. 20 D.P.R. 131/1986, rubricato "interpretazione degli atti" prevede, infatti, che l'imposta di registro sia applicata secondo l'intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, riconoscendo in tal modo prevalenza alla causa effettiva dell'atto rispetto a quella cartolare.

La Corte di Cassazione, pertanto, alla luce di tutte queste considerazioni, non ha ritenuto di aderire alla diversa interpretazione "atomistica" dell'operazione negoziale, sostenuta anche da controparte, ricordando come ormai da lungo tempo la giurisprudenza abbia aderito alla tesi della teoria in concreto che impone di considerare l'operazione nel suo complesso, non potendo la dicotomia "effetti giuridici" ed "effetti economici" del negozio giustificarsi se non nella prospettiva di una visione dell'atto isolato e della causa tipica.

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Corte di Cassazione, sentenza n. 3562 del 10 febbraio 2017 - La Corte di Cassazione, in questa importante sentenza, ha colto l'occasione per chiarire definitivamente la portata dell'art. 20 D.P.R. 131/1986 in termini di norma "interpretativa" e non antielusiva, che impone una qualificazione oggettiva degli atti secondo la loro "causa concreta" e ciò anche a prescindere dalla qualificazione formale ad essi attribuiti dalle parti.