La rappresentanza è il potere di un soggetto (il rappresentante) di compiere atti giuridici in nome e per conto di un altro soggetto (il rappresentato).

Il potere di rappresentanza può essere conferito dalla legge (come avviene, ad esempio, nel caso di rappresentanza dei soggetti minori, assunta dai genitori), ovvero dall’interessato (c.d. rappresentanza volontaria). 

In quest’ultima tipologia, il titolo costitutivo del relativo potere è rappresentato dalla procura: essa è il negozio giuridico unilaterale (per la sua costituzione è sufficiente, infatti, la sola volontà del rappresentato) tramite il quale si attribuisce ad un soggetto il potere di agire in rappresentanza del conferente per la realizzazione di tutti gli atti relativi alla gestione dei suoi interessi patrimoniali (procura c.d. generale), o di singoli atti espressamente previsti (procura c.d. speciale).

In ogni caso, ai fini della validità degli atti giuridici compiuti dal rappresentante, è sufficiente che quest’ultimo abbia la capacità di intendere e di volere (c.d. capacità naturale), mentre è richiesta la capacità legale del rappresentato, producendosi gli effetti nella sua sfera giuridica e imponendosi su di lui l’esigenza di controllo dell’attività del rappresentante, che un soggetto incapace non potrebbe adeguatamente operare.

Nel caso, dunque, di un soggetto legalmente incapace (un soggetto che, quindi, non possa validamente disporre della propria sfera giuridico-patrimoniale) l’unico istituto al quale si può ricorrere è la rappresentanza legale.

Ma cosa accade se l’incapacità del rappresentato sopraggiunge al rilascio della procura?

Il sopraggiungere dell’incapacità può invalidare la procura. Qualora, infatti, all’incapacità segua un procedimento di interdizione, inabilitazione o amministrazione di sostegno che porti alla nomina giudiziale di un tutore, un curatore o un amministratore di sostegno, la procura soccombe con l’apertura della tutela.

La sopravvenuta incapacità del mandante rappresenta, dunque, una delle cause di estinzione della procura, che, pur non espressamente disciplinate dalla legge, si rifanno a quelle previste per il mandato.

Sebbene, di regola, sottostante alla procura ci sia un contratto di mandato, quest’ultimo si distingue dalla prima perché il mandato è, appunto, un contratto, mentre la procura è un atto di rappresentanza. Ciò significa che, nel caso del mandato, esiste un accordo bilaterale tra le parti, che può prevedere obblighi anche per il mandante (ad esempio, il pagamento di un corrispettivo), mentre nella procura il focus è sulla concessione di poteri rappresentativi da parte del conferente al procuratore, senza che ciò implichi necessariamente un accordo bilaterale sui servizi resi. 

Le cause di estinzione del mandato, dunque, sono:

  • la revoca da parte del mandante;
  • la rinunzia del mandatario;
  • la scadenza del termine;
  • l’estinzione del rapporto di gestione;
  • la morte o la sopravvenuta incapacità del mandante o del mandatario.

La morte o la sopravvenuta incapacità del mandante, tuttavia, non sempre determinano l’estinzione del mandato: quest’ultimo conserva una sua ultrattività qualora il patrimonio del mandante o la buona riuscita dell’affare siano pregiudicati dal ritardo, essendo in tal caso il mandatario tenuto a garantire la continuità dell’incarico.

Ulteriore eccezione è rappresentata dalla disciplina del mandato che ha per oggetto il compimento di atti relativi all’esercizio di un’impresa: tale mandato non si estingue, in contemplazione delle obiettive esigenze dell’impresa, se l’esercizio dell’impresa è continuato e salvo il diritto di recesso delle parti o degli eredi.

La legge specifica, inoltre, che sono validi nei confronti del mandante o dei suoi eredi, non subendone il mandatario gli effetti, gli atti compiuti dal mandatario nel periodo di tempo compreso tra l’estinzione del mandato ed il momento in cui è giunto a conoscenza della causa estintiva.

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Foto di aymane jdidi da Pixabay

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