Molto spesso capita di volersi disfare di un oggetto che non si utilizza più o che semplicemente ha esaurito la sua funzionalità. La questione non sembra porre problemi in relazione a oggetti di modesto valore o, più in generale, ai beni mobili.

Ma come procedere se ci si vuole liberare di una casa, di un terreno o di un qualsiasi bene immobile?

È proprio in questo contesto che assume rilievo la rinuncia abdicativa, per tale intendendosi l’atto unilaterale non recettizio (efficace, cioè, a prescindere da una sua comunicazione al terzo beneficiario) attraverso il quale si dismette formalmente la proprietà di un bene, senza necessità di conoscenza o di accettazione da parte di altri soggetti. La rinuncia abdicativa si differenzia, dunque, dalla rinuncia traslativa, in cui alla dismissione del diritto del rinunciante fa da contraltare una controprestazione, un costo, un corrispettivo, tipologia di rinuncia, quest’ultima, che deve essere comunicata a colui nei confronti del quale si verifica l’arricchimento, dovendo quest’ultimo accettare la devoluzione fatta a suo favore oppure rinunciare.

Ma perché si dovrebbe voler rinunciare alla proprietà di un immobile?

Le ragioni possono essere varie. Innanzitutto, non è sempre certo che dalla vendita si possa ricavare una discreta somma, esistendo beni che non hanno praticamente valore: si pensi, ad esempio, ad una casa completamente distrutta o ad un terreno non edificabile né coltivabile. In secondo luogo, costi, tasse e responsabilità, anche civile, possono essere di gran lunga superiori rispetto al beneficio che si trae dalla proprietà del bene.

Chi diventa, quindi, proprietario? Pur non essendoci una specifica norma che disciplina la rinuncia abdicativa, pur tuttavia il Codice civile prevede che i beni immobili che non sono di proprietà di alcuno spettano al patrimonio dello Stato. A seguito della rinuncia abdicativa, quindi, lo Stato diventa immediatamente ed automaticamente titolare del diritto di proprietà sull’immobile.

La rinuncia abdicativa può essere fatta solamente per iscritto, più precisamente con atto pubblico o scrittura privata, sotto pena di nullità e deve essere trascritta nei registri pubblici immobiliari. Di regola, non andrebbe notificata poiché, come detto, si tratta di un atto non recettizio. Tuttavia, si sostiene essere opportuna la conoscenza di tale atto con notifica al competente ufficio dell’Agenzia del Demanio al fine di informare la Pubblica Amministrazione dell’acquisizione dell’immobile a favore dello Stato in modo da consentire a quest’ultima di adottare tutte le iniziative ritenute opportune, anche a tutela della pubblica incolumità.

Dal momento che la rinuncia abdicativa costituisce un negozio giuridico atipico (non disciplinato, cioè, espressamente dalla legge), si ritiene ammissibile solamente ove essa persegua interessi meritevoli di tutela.

La rinuncia alla proprietà è configurabile anche quando si tratta di rinunciare a una quota di comproprietà. Nell’ipotesi di comproprietà, il diritto di ciascuno – che va inteso come diritto “sul tutto” – trova una limitazione nel concorrente diritto degli altri comproprietari. Per tale ragione, con la rinuncia alla quota da parte di uno dei comproprietari, il diritto degli altri si espande: in altri termini, il venir meno di una delle partecipazioni tramite la dichiarazione rinunciativa comporta una rideterminazione pro quota dell’entità della partecipazione degli altri comproprietari, i quali vedranno ipso iure accrescere in proporzione le loro quote in forza del principio di elasticità del diritto di proprietà.

La facoltà di rinuncia è esercitabile anche in relazione ai diritti reali minori e, in particolare, ai diritti di godimento: essi, in generale, comportano una limitazione al diritto di proprietà, per cui la rinuncia da parte del titolare del diritto di godimento determina la ri-espansione di essa in capo al proprietario. È dunque possibile rinunciare al diritto di usufrutto (e la conseguenza indiretta è la ri-espansione del diritto del nudo proprietario, il quale ritorna titolare della piena proprietà), al diritto di superficie (a favore del proprietario del suolo), al diritto di servitù (che si estingue, con conseguente riacquisto della dimensione originaria del diritto di proprietà).

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