È nullo il patto successorio intervenuto prima della morte del genitore con cui quest'ultimo, insieme ai propri figli, stabilisce le modalità  divisorie sia di beni oggetto di una futura vendita sia di beni che i figli riceveranno alla sua morte.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con una recente sentenza, la n. 14566 del 15 luglio 2016.

In particolare, afferma la Corte, un tale patto è nullo per contrarietà  alla norma imperativa contenuta nell'articolo 458 c.c. che espressamente sancisce il divieto di patto successorio, ovvero quell'accordo che abbia ad oggetto la costituzione, la trasmissione o l'estinzione di diritti relativi a successioni non ancora aperte.

Per stabilire se un determinato accordo rientri in tale ambito (e conseguentemente sia nullo) occorre accertare:

  1. se il vincolo giuridico con esso creato abbia avuto la specifica finalità  di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta
  2. se i beni oggetto dell'accordo siano stati considerati dai contraenti come entità  comprese nella futura successione
  3. se le parti abbiano stipulato come aventi diritto alla successione stessa
  4. se l'assetto negoziale convenuto debba aver luogo mortis causa.

Nel caso esaminato la Corte rileva che non vi è dubbio che si tratti di un patto successorio (sub specie dispositivo). Dall'accordo si evince la precisa ed unica intenzione di disporre di un bene allo stato attuale ancora del genitore, ma che in futuro sarà  di pertinenza dei due figli, tra l'altro, unici eredi. Da ciò consegue la nullità  dell'accordo, in base a quanto previsto dalla legge. Se la successione non è ancora aperta, nullo è infatti l'accordo vertente su diritti spettanti agli eredi in relazione alla futura successione, proprio come avvenuto nel caso di specie.

La ragione di tale divieto da parte del legislatore risiede nella volontà  di salvaguardare la libertà  del de cuius nel disporre dei propri averi una volta che avrà  cessato di vivere.

Tale libertà  sarebbe, infatti, del tutto compromessa dall'uso in tale ambito dello strumento contrattuale (che come è noto crea vincoli obbligatori e può essere sciolto solo per mutuo consenso). Da qui dunque la nullità  di ogni accordo tra il de cuius e i futuri eredi che preveda la negoziazione inerente a diritti relativi a una successione non ancora aperta.

Possono sussistere, però, delle esigenze meritevoli di attenzione, e dunque di tutela, che evidenziano la necessità  di regolare i propri assetti patrimoniali in vista della propria morte. In tali casi il legislatore fornisce ai privati tutta una serie di strumenti negoziali che, a differenza del patto successorio, sono ammessi ed anzi regolati dallo stesso legislatore. Primi tra questi ricordiamo la donazione o il patto di famiglia, con cui l'imprenditore può decidere delle sorti della propria impresa per il futuro.

È nullo il patto successorio intervenuto prima della morte del genitore con cui quest'ultimo, insieme ai propri figli, stabilisce le modalità  divisorie sia di beni oggetto di una futura vendita sia di beni che i figli riceveranno alla sua morte.
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con una recente sentenza, la n. 14566 del 15 luglio 2016.
In particolare, afferma la Corte, un tale patto è nullo per contrarietà  alla norma imperativa contenuta nell'articolo 458 c.c. che espressamente sancisce il divieto di patto successorio, ovvero quell'accordo che abbia ad oggetto la costituzione, la trasmissione o l'estinzione di diritti relativi a successioni non ancora aperte.