Non mi ha mai convinto fino in fondo il tema reintroduzione della tariffa per gli Ordini professionali. Sono un liberale convinto e ritengo giusto che un professionista sia remunerato in base al valore che riesce a far percepire al suo cliente. 

Un bravo professionista deve saper coniugare competenza tecnica e competenza relazionale perché solo così il suo valore sarà realmente percepito e remunerato.

L’unico spazio in cui vedo un possibile ruolo della tariffa è per la relazione professionista grandi imprese perché in quel settore i rapporti di forza sono talmente squilibrati da alterare le regole di mercato.

In questa ottica il provvedimento in esame è insoddisfacente perché consente comunque la deroga che di fronte al contraente forte non deve sussistere. 

Interessante però è la reazione dell’Antitrust alla norma, la critica era scontata, le motivazioni però meritano qualche approfondimento in più.

L’Antitrust dice: “sarebbero i newcomer”, gli ultimi arrivati sul mercato delle professioni, «ad essere pregiudicati dalla reintroduzione di tariffe minime» perché «vedrebbero drasticamente compromesse le opportunità di farsi conoscere sul mercato e di competere con i colleghi affermati».

Ecco in questa frase si sintetizza perfettamente la visione dell’Antitrust e gli errori strategici degli Ordini rispetto alle liberalizzazioni.

Secondo la visione dell’Antitrust l’unica concorrenza che potrebbe consentire ad un giovane di emergere è quella sul prezzo, per cui solo lavorando ad onorari bassissimi potrà conquistare fette di mercato.

Mi sembra evidente come questa visione sia deprimente del valore di una prestazione professionale che è una prestazione umana dove contano competenza, relazione, fiducia e non solo il prezzo.

Gli uomini non sono merce così come non lo sono coloro che comprano i nostri servizi, quelle tra professionista e cliente sono relazioni umane di valore e tali devono restare. 

Con questo non voglio dire che non deve esserci concorrenza anzi sono favorevolissimo alla concorrenza ma deve basarsi non solo sul prezzo come vorrebbe l’Antitrust, si deve basare sulla competenza tecnica, sulla competenza relazionale, sulla fantasia, sulla capacità di innovare il modello professionale, sulla capacità di creare nuove nicchie di mercato.

Ecco che vista in questa ottica la visione della concorrenza professionale dell’Antitrust è veramente avvilente, tanti uomini in feroce lotta tra loro in una gara al massimo ribasso. 

Detto dell’Antitrust bisogna però dire anche degli Ordini professionali che hanno una grande responsabilità in questa concorrenza basata solo sul prezzo.

I professionisti per decenni hanno vissuto solo di competenze tecniche ignari dei concetti di comunicazione e differenziazione anche perché tutti i codici deontologici hanno sempre frustrato iniziative in questo senso sulla base di concetti di decoro non più attuali.

Quindi paradossalmente gli Ordini con i loro codici deontologici restrittivi hanno fatto proprio il gioco dell’Antitrust: se io limito gli elementi di differenziazione agli iscritti finirò per scaricare la tensione concorrenziale proprio sull’arma più facile: il prezzo, esattamente quello che vuole l’Antitrust.

A chi vorrebbe limitare ancora la differenziazione in nome del decoro vorrei far notare che non c’è nulla di più indecoroso di un professionista che vende se stesso al massimo ribasso, si può accettare da chi vende beni, ma un professionista è un uomo, non è giusto che sia costretto a mettere in saldo se stesso.   

Mi auguro che gli Ordini capiscano e rendano perciò i codici deontologici il luogo della differenziazione e smettano di fare il gioco di chi vuole fare del sapere umano una merce in svendita.

Notaio Paolo Broccoli

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