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    04 novembre 2019

    Locazione: valida la clausola con la quale il...

    La clausola contestata (art.7.2 del contratto di locazione) è la seguente:  "Nel corso dell'intera durata del… contratto: (1) il Conduttore si farà carico di ogni tassa, imposta ed onere relativo ai Beni Locati ed al presente Contratto tenendo conseguentemente manlevato il Locatore relativamente agli stessi, (2) il Locatore sarà tenuto al pagamento delle tasse, imposte ed oneri relativi al proprio reddito". Le S.U. della Cassazione, con la sentenza n. 6682/2019, affermano la validità della clausola contenuta nel contratto di locazione ad uso diverso dall'abitazione, con la quale il conduttore si obbliga a farsi carico di ogni tassa, imposta ed onere relativo ai beni locati manlevando il locatore. Tale accordo non determina la traslazione in capo al conduttore dei tributi gravanti sull'immobile a carico del proprietario, ma solo una integrazione del canone di locazione. La clausola, precisa la Corte, non è nulla nè per violazione di norme imperative nè per violazione dell'art. 53 della Costituzione, nel caso in cui però: - sia prevista dalle parti come componente integrante la misura del canone locativo; - non implichi che il tributo debba essere pagato da un soggetto diverso dal contribuente. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    12 marzo 2018

    In attesa di una riforma fiscale vera anche la...

    Le società sportive dilettantistiche lucrative  La pressione fiscale nel nostro Paese è particolarmente elevata. E’ normale, quindi, che l’attenzione degli operatori e dei cittadini sia rivolta verso l’eccessivo “peso” delle imposte. Il problema ha dato luogo a numerose statistiche. E’ stato calcolato che per più di sei mesi l’anno imprenditori e professionisti non siano in grado di “guadagnare” alcuna somma in quanto tutte le entrate sono destinate ad affluire nelle casse dello Stato. E’ dunque destinato ad alimentarsi il dibattito se la pressione fiscale eccessiva sia dovuta all’evasione fiscale, ovvero alla spesa pubblica improduttiva. Le preoccupazioni verso questo problema rischiano, a mio avviso, di distogliere l’attenzione da altri aspetti meritevoli di essere esaminati e destinati anch’essi a “pesare” sulla mancanza di una vera ripresa economica del Paese. L’ultima riforma fiscale degna di questo nome risale oramai agli anni 1973/1974, con la previsione di un sistema di tassazione progressivo con l’introduzione dell’IRPEF a carico delle persone fisiche e dell’IRPEG gravante sulle società di capitali. Oggi, il sistema fiscale è completamente superato e non è più al passo con i tempi. E’ vecchio, obsoleto e complicato. Le complicazioni eccessive, che si traducono in circa 200 pagine di istruzioni per la compilazione della dichiarazione dei redditi, sono la testimonianza diretta dei costi indiretti in grado di “strozzare” la normale operatività di imprese e professionisti. La riduzione delle imposte che sono un “peso” eccessivo a carico delle imprese rappresenta un tassello fondamentale per liberare le risorse da destinare agli investimenti. Tuttavia la stessa importanza dovrebbe essere attribuita alla necessità di ridurre la burocrazia ed i costi che ne conseguono, alla semplificazione del sistema fiscale con la realizzazione di una vera riforma in grado di realizzare tali obiettivi. Le imprese possono tornare ad acquisire la competitività necessaria anche a condizione di operare all’interno di un Paese ove le regole di diritto siano certe con la conseguente diminuzione dei costi dovuti al contenzioso. Si consideri ad esempio l’ultima legge di Bilancio che ha previsto la possibilità di esercitare attività sportive dilettantistiche con la costituzione di società lucrative. Le nuove disposizioni sono state ampiamente criticate. La principale obiezione che è stata mossa ha riguardato la mancanza pressoché totale nel settore dello sport dilettantistico di società in grado di produrre un risultato positivo dalla gestione, quindi un reddito da distribuire. A fronte della nuova previsione le società perderebbero la maggior parte delle agevolazioni fiscali previste per il settore sportivo dilettantistico. Le osservazioni sono fondate, ma non si considera che la “nuova” forma societaria lucrativa farà venire meno la principale ragione di contrasto con il Fisco circa l’avvenuta distribuzione di utili. In buona sostanza, se la nuova “forma” societaria potrà distribuire il reddito dell’anno, in quanto previsto dalla legge, l’Agenzia delle entrate non avrà più alcun motivo di contestare alcune operazioni che potrebbero “occultare” sotto altra forma, distribuzioni indirette di utili. Si consideri il caso in cui uno dei soci conceda in locazione alla società un capannone industriale per l’esercizio dell’attività sportiva. In molti caso il Fisco aveva interesse a dimostrare che il canone di locazione risultava “gonfiato” in quanto, sotto la veste formale del contratto si nascondeva la distribuzione di utili.  Ora, in conseguenza della nuova possibilità offerta dalla legge di Bilancio 2018, se l’attività sportiva dilettantistica viene esercitata nella forma della società sportiva lucrativa, operazioni come quella descritta non potranno essere più contestate sotto il profilo della distribuzione degli utili che può essere effettuata liberamente. La novità determina l’inapplicabilità di numerose agevolazioni fiscali riguardanti lo sport dilettantistico, ma la perdita dei benefici fiscali risulta ampiamente compensata dalla diminuzione delle ragioni di contrasto con il Fisco.  Anche in questo modo, cioè con la conseguente riduzione del contenzioso tributario, è possibile contribuire al miglioramento di un sistema fiscale che deve essere completamente riformato. Nicola Forte, Dottore Commercialista e Revisore dei Conti in Roma Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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