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    04 novembre 2016

    Si estingue la procura generale in caso di...

    Sul dibattuto tema della persistente efficacia o meno della procura generale preesistente alla nomina dell'amministratore di sostegno, disciplinata dagli artt. 404 e ss del Codice civile, è recentemente intervenuto un decreto del Tribunale di Novara[1]. In dottrina e giurisprudenza si è a lungo discusso se la procura generale precedentemente conferita dal soggetto, poi dichiarato incapace, continuasse ad avere efficacia o meno. Sul punto si sono registrati orientamenti contrastanti sia in ordine alla stessa possibilità  di nominare un amministratore di sostegno in presenza di una già  esistente procura generale, sia in ordine all'eventuale sopravvivenza della stessa procura. Il Tribunale di Novara ha evidenziato innanzitutto come la presenza di una procura generale non sia in alcun modo ostativa alla nomina di un amministratore di sostegno, come al contrario sostenuto da coloro che ritenevano che, in tal modo, si sarebbe sostituita la volontà  del giudice a quella, già  precedentemente espressa, del soggetto. Questo naturalmente anche alla luce dell'importanza della valutazione effettuata dal giudice sulle condizioni di infermità  in cui versa il soggetto, essendo in tali casi preminente l'interesse di tutela dell'incapace e del suo patrimonio. L'accertamento di una condizione di infermità  del soggetto già  di per sè impedirebbe, infatti, la possibilità  di una vigilanza consapevole e attenta dell'operato del procuratore precedentemente istituito. E opinando diversamente si giungerebbe al paradosso di lasciare il soggetto, nonostante la sua sopravvenuta incapacità , in balìa degli effetti di una procura precedentemente conferita. Al contrario nulla vieta che sia anche lo stesso soggetto già  munito di procura generale ad assumere la veste di amministratore di sostegno, comportando, però, l'implicita rinuncia al precedente potere conferitogli con il mandato per incompatibilità  tra i due istituti e in ogni caso l'estinzione ai sensi dell'art. 1722 c.c.. L'assenza, infatti, dell'espresso richiamo da parte dell'art. 1722 c.c. all'ipotesi dell'amministrazione di sostegno nelle cause di estinzione del mandato appare essere, secondo il Tribunale, solo un mancato coordinamento tra la riforma che ha interessato l'istituto dell'amministrazione di sostegno e la disciplina del mandato. D'altronde l'attività  di amministrazione di sostegno è sottoposta, date le condizioni comprovate di incapacità  dell'amministrato, a più penetranti controlli pubblicistici e limiti operativi contenuti nel decreto di nomina, che di fatto si pongono in maniera inconciliabile con precedenti poteri conferiti in una procura generale. Nel caso di conferimento all'amministratore di sostegno di poteri di rappresentanza esclusiva sia per gli atti di ordinaria sia straordinaria amministrazione, vi sarebbe una sovrapposizione tra il contenuto del provvedimento di nomina e quello della procura tale per cui il contrasto non potrebbe che sfociare nell'estinzione di quest'ultima ai sensi dell'art. 1722 c.c. Inoltre la nomina ad amministratore di sostegno conferirebbe al già  procuratore generale la qualità  di pubblico ufficiale e sottoporrebbe quindi il suo operato al controllo dell'Autorità  giudiziaria. [1] Tribunale di Novara, decreto del 4 agosto 2016.

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    18 ottobre 2016

    La procura generale vale come accettazione...

    Con la sentenza n. 18830 del 26 settembre 2016 la Corte di Cassazione ha enunciato il principio per cui il conferimento di una procura generale per il compimento degli atti di conservazione del patrimonio ereditario non costituisce di per sè sola accettazione tacita dell'eredità . Il ragionamento della Corte di Cassazione ha preso le mosse dalla constatazione per cui non possono considerarsi atti di accettazione tacita gli atti di natura meramente conservativa. Per espressa previsione di legge, infatti, precisamente l'art. 460 c.c., il chiamato all'eredità  ha il potere di compiere atti di conservazione del patrimonio ereditario anche prima (e a prescindere) dell'eventuale e successiva accettazione dell'eredità . Affinchè si possa parlare di accettazione tacita occorre un quid pluris, ed in particolare che il chiamato all'eredità  compia un atto che presupponga necessariamente la sua volontà  di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità  di erede (art. 476 c.c.). Pertanto per verificare se vi sia stata o meno accettazione (tacita) dell'eredità  occorre procedere all'accertamento della sussistenza o meno di comportamenti che lascino presupporre la volontà  di accettazione, costituendo questo però un accertamento di fatto riservato al giudice di merito. Non è corretta, quindi, l'equiparazione automatica tra il mero rilascio della procura generale per gli atti di conservazione del patrimonio del de cuius da parte dei chiamati all'eredità  e l'accettazione tacita dell'eredità , ma occorre procedere a chiarire se quel comportamento presupponga o meno la volontà  di accettazione. Nel caso di specie analizzato dalla Corte, per vero, il rilascio della procura generale (avente ad oggetto non solo i beni dell'eredità ) è stato correttamente valutato dai giudici come un comportamento presupponente la volontà  di accettazione per le modalità , i tempi e le caratteristiche specifiche del caso. Questo però non alla luce di un'automatica equiparazione tra il rilascio della procura e l'accettazione dell'eredità , ma per le risultanze dell'accertamento di fatto svolto nel caso concreto. Da ciò si evince che in un caso che presenti similitudini con quello analizzato dalla Corte occorrerà  prestare particolare attenzione alla stesura della procura, al fine di evitare successivamente che tale atto possa, per le sue proprie caratteristiche specifiche, essere considerato comportamento implicante la volontà  di accettazione dell'eredità .

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