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    05 settembre 2017

    Sopraelevazione per recupero abitativo: quando è...

    Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, sentenza n. 20 del 19 gennaio 2017 Cosa cambia per il cittadino Il Trga Trento ha fatto il punto su quella che è la differenza tra sottotetto e intercapedine ai fini dell'applicazione della norma che consente la sopraelevazione per il recupero abitativo, stabilendo che presupposto necessario è che sia identificabile come già  esistente un volume sottotetto passibile di recupero, cioè di riutilizzo a fini abitativi. Ciò vuol dire, in altre parole, che il sottotetto deve avere già  in partenza dimensioni tali da essere praticabile e abitabile, sia pure con eventuali aggiustamenti e non deve, invece, trattarsi di una mera "intercapedine". Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes Il fatto I proprietari dell'appartamento confinante chiedevano l'annullamento della concessione edilizia rilasciata dal Comune ai vicini, con cui veniva assentito un intervento di sopraelevazione, nonché del parere favorevole all'intervento rilasciato dal dirigente del Servizio sportello imprese e cittadini e di ogni altro atto presupposto, preparatorio e consequenziale, ivi compresi i pareri espressi dalla Commissione edilizia comunale, sulla base dell'assenza dei presupposti di legge per poter procedere a una sopraelevazione avente tali caratteristiche e dunque della radicale illegittimità  dell'azione amministrativa in ragione dell'inesistenza di uno spazio qualificabile come sottotetto suscettibile di un intervento di recupero a fini abitativi mediante sopraelevazione. Le ragioni giuridiche Il Trga Trento ha ritenuto che, anche volendo ritenere applicabile alla fattispecie in esame la disposizione che consente "la sopraelevazione al fine di ricavare o migliorare unità  abitative nei sottotetti esistenti", colgono nel segno i ricorrenti quando affermano che nella fattispecie in esame lo spazio esistente fra il terzo e ultimo piano ed il tetto dell'edificio non rientri tra i "sottotetti esistenti" ai quali si riferirebbe la norma, configurandosi piuttosto come una «mera intercapedine». La giurisprudenza è già  intervenuta in passato sul punto, stabilendo quelli che sono i requisiti necessari alla definizione di "sottotetto esistente",[1] precisando che «presupposto per il recupero abitativo dei sottotetti è che sia identificabile come già  esistente un volume sottotetto passibile di recupero, cioè di riutilizzo a fini abitativi. Ciò richiede che il sottotetto abbia, in partenza, dimensioni tali da essere praticabile e da poter essere abitabile, sia pure con gli aggiustamenti che occorrono per raggiungere i requisiti minimi di abitabilità  (...) Solo a queste condizioni il "recupero", che la legge regionale classifica come "ristrutturazione" (...), è effettivamente ascrivibile a tale categoria di interventi, come definita dall'art. 31 della legge n. 457/78 (oggi, art. 3 d.p.r. 380/01), la quale postula che il nuovo organismo edilizio corrisponda a quello preesistente, senza alterarne in misura sostanziale sagoma, volume e superficie; diversamente l'intervento si risolverebbe non già  nel recupero di un piano sottotetto, ma nella realizzazione di un piano aggiuntivo, che eccede i caratteri della ristrutturazione per integrare un intervento di nuova costruzione». Alla luce di ciò non può dunque parlarsi di "sottotetto già  esistente" nel caso in cui lo spazio sopra l'ultimo piano sia di entità  tale da presentarsi come una mera intercapedine, al punto che la realizzazione di vani abitabili non sarebbe che una sopraelevazione di un piano ulteriore. In altre parole, non una qualsiasi parte di edificio immediatamente inferiore al tetto può ritenersi un "sottotetto", ma occorre che si tratti di un volume già  di per sé utilizzabile, praticabile ed accessibile, quantomeno come deposito o soffitta e che abbia già  in tal senso caratteristiche dimensionali (di altezza, volume e superficie) e funzionali. In particolare, nel caso di specie, l'altezza media interna dello spazio tra il terzo piano ed il tetto dell'edificio in questione appariva solamente di 50/80 cm e l'impossibilità  di configurare un "sottotetto esistente" veniva confermata da più fattori: dal fatto che il solaio non aveva una funzione portante dato il suo scarso spessore, che era posto in comunicazione col piano sottostante solo con una scala retrattile verosimilmente per operazioni di manutenzione e pulizia e che, inoltre, della sua esistenza non vi era alcuna evidenza a livello tavolare. Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes [1] T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 15 aprile 2003, n. 1007; id., 2 aprile 2010, n. 970.

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