• Hai bisogno di aiuto? Contattaci

  • In evidenza

    10 aprile 2017

    Emissione della fattura "trasparente":...

    Cosa cambia per il cittadino L'obbligo di una fattura trasparente è un dovere sia nei confronti del Fisco che nei confronti dei cittadini. L'indicazione evidente e distinta nella fattura dei compensi, in ragione delle singole prestazioni professionali e delle spese, è utile per far comprendere al cliente che una parte delle somme richieste non rappresenta "il guadagno" del notaio. Una parte delle somme richieste è a "copertura" dei costi necessari per l'esecuzione della prestazione. Il "guadagno", quindi, risulterà  inferiore. In sintesi, queste sono le ragioni per emettere una fattura "trasparente" descrivendo analiticamente le prestazioni professionali e indicando distintamente i compensi e spese: devono essere rispettate le previsioni di legge (art. 21 del D.P.R n. 633/1972); si possono evitare le contestazioni fiscali relative ai compensi fatturati; il cliente può evitare le contestazioni fiscali relative alla possibilità  di considerare in detrazione la spesa; il cliente è in grado di comprendere che una parte delle somme a lui richieste sono destinate alla copertura dei costi dello studio e non rappresentano "guadagno netto" per il notaio. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes http://associazionesuperpartes.it/about/ Le ragioni La fattura emessa da un professionista per le prestazioni svolte rappresenta un documento essenziale che attira l'attenzione di diversi soggetti. Il primo soggetto interessato è il Fisco in quanto il documento descrive la prestazione effettuata ed indica il compenso da incassare. L'Amministrazione finanziaria può meglio comprendere, anche in ragione della tipologia di prestazione, se gli importi indicati sono effettivamente quelli incassati o da incassare o, viceversa, se non è stata indicata l'intera somma. Ad esempio il compenso relativo ad una procura notarile sarà  necessariamente diverso da quello relativo al trasferimento di un immobile il cui valore è di rilevante ammontare. Per tale ragione, e anche in quanto previsto dalla legge, la descrizione della prestazione effettuata deve essere effettuata analiticamente e non con modalità  eccessivamente generiche. Il secondo soggetto interessato è il destinatario della prestazione professionale, cioè il cliente. Anche tale soggetto è interessato all'indicazione analitica delle prestazioni professionali poste in essere dal notaio. La descrizione dettagliata è utile per prevenire possibili contestazioni fiscali. Ad esempio possono essere considerati in detrazione ai fini IRPEF, come previsto per gli interessi passivi, i compensi corrisposti al notaio per la stipula di un contatto di mutuo per l'acquisto dell'abitazione principale. La detrazione è consentita, evitando possibili contestazioni, a condizione che dalla fattura si desuma chiaramente la parte dei compensi relativa al contratto di mutuo, rispetto a quelli relativi all'atto di compravendita. L'emissione di una fattura generica/indistinta potrebbe ad esempio porre l'acquirente in difficoltà  nell'esercizio del diritto di detrazione. L'acquirente potrà  probabilmente dimostrare in altro modo la parte dei compensi riferibile alla stipula del contratto di muti, ma prevenire è meglio che curare. L'emissione di una fattura trasparente elimina le contestazioni all'origine. Per leggere gli altri articoli SuperPartes clicca qui: http://associazionesuperpartes.it/extra/blog/ Nicola Forte, Dottore commercialista e Revisore dei conti a Roma

    Scopri di più
  • News

    13 dicembre 2016

    Il fisco contro il fondo patrimoniale

    Il fisco può rifarsi sul fondo patrimoniale. E' quanto affermato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 3600 del 24 febbraio 2016 che ha stabilito che, rispetto all'azione esattoriale per un credito fiscale, l'Amministrazione finanziaria può, a certe condizioni, soddisfarsi anche sul fondo patrimoniale. Il fondo patrimoniale è disciplinato agli articoli 167 e ss. c.c.. In particolare, per quanto qui interessa, l'art. 170 c.c. prevede che l'esecuzione sui beni del fondo non può aver luogo per i debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei alla famiglia. La Corte prende le mosse per la sua decisione proprio dalle condizioni previste dall'art. 170 c.c., in presenza delle quali i beni e i frutti di un fondo patrimoniale non possono essere oggetto di esecuzione: l'estraneità  ai bisogni della famiglia e la conoscenza di tale circostanza da parte del creditore. Solo al verificarsi di tali condizioni, pertanto, i beni del fondo sono al riparo da eventuali azioni di esecuzione. Non rileva in tal senso la natura dell'obbligazione, contrattuale o extracontrattuale, come da taluno sostenuto. Il criterio per capire se si sia nell'ambito di esclusione previsto dall'art. 170 c.c., secondo la Corte di Cassazione, va cercato, viceversa, nella "relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia, sicchè anche un debito di natura tributaria sorto per l'esercizio dell'attività  imprenditoriale potrebbe ritenersi contratto per soddisfare tale finalità ". In altre parole, secondo la Corte, l'art. 170 c.c. non è di per sè ostativo all'esecuzione sui beni e sui frutti per quanto attiene ai debiti contratti con il fisco. Sicuramente questa decisione della Corte di Cassazione, seppur si innesta su un filone di decisioni analoghe, si presterà  ad essere da taluno criticata, soprattutto alla luce del fatto che in tal modo viene meno quella tutela accordata dal codice civile ai beni oggetto di fondo patrimoniale. Si fonda, inoltre, su un'equazione che non appare del tutto condivisibile: seppur vero che l'attività  professionale è esercitata (anche) a favore della famiglia, appare comunque quantomeno curioso ritenere che il debito fiscale possa considerarsi "contratto per i bisogni della famiglia". Tuttavia occorre sottolineare che seppur vero che un debito tributario possa astrattamente essere considerato contratto per scopi non estranei alla famiglia, resta pur sempre fermo che ciò deve essere accertato in sede giudiziale. In particolare, l'onere della prova dei presupposti di applicabilità  dell'art. 170 c.c. grava sulla parte che intende avvalersi del regime di impignorabilità  dei beni costituiti in fondo patrimoniale ma questa prova può consistere anche in "presunzioni semplici o nel ricorso a criteri logici e di comune esperienza".

    Scopri di più
  • News

    26 agosto 2016

    I rischi fiscali dei contratti preliminari ad...

    La Direzione Regionale del Lazio dell'Agenzia delle Entrate ha recentemente pubblicato una nota (prot. n. 37916/16 del 16 maggio 2016) sul tema della tassazione dei contratti preliminari ad effetti anticipati. Il tema è molto attuale perchè può avvenire nella prassi che le parti pongano in essere un contratto preliminare di compravendita, prevedendo che i suoi effetti siano per così dire "anticipati". Tale ipotesi si realizza quando si preveda la consegna del bene e/o il pagamento integrale (o quasi) del prezzo già  al momento della conclusione del preliminare e non al momento del contratto definitivo (come normalmente accade). Su una siffatta ipotesi si era già  espressa in passato la Corte di Cassazione, affermando come l'operazione economica contenuta in un simile contratto preliminare andasse più correttamente qualificata, in termini giuridici, come un'operazione complessa costituita da un contratto di comodato (in relazione alla consegna del bene) e un contratto di mutuo (in relazione alla consegna del denaro). Ma quali sono le conseguenze fiscali di questa ricostruzione? Certamente la situazione è complessa e vanno distinte diverse ipotesi. Nel caso in cui, già  al momento del preliminare, sia consegnato il bene, integralmente o quasi pagato il prezzo e trasferiti tutti gli altri diritti e obblighi discendenti dalla compravendita, il contratto dovrà  essere riqualificato come già  definitivo. Si applicherà , quindi, la tassazione per i contratti definitivi e in particolare le aliquote sancite dall'art. 1, della Tariffa, parte prima, allegata al Tur (riconoscendo se previste in atto e se ne sussistono i presupposti di legge il sistema del prezzo-valore e l'agevolazione prima casa). Il successivo contratto definitivo sarà  poi assoggettato all'imposta di registro in misura fissa. Nel caso in cui, invece, sia avvenuta la consegna del bene o il pagamento integrale o quasi del prezzo (o entrambe) ma non vi sia ancora stato il trasferimento di tutti i diritti ed obblighi derivanti dalla compravendita, e quindi il contratto non sia riqualificabile come definitivo, le conseguenze fiscali diventerebbero assai onerose. In particolare, dovrebbe in ogni caso essere pagata un'imposta fissa per registrare il preliminare nonchè in aggiunta un'imposta fissa per registrare il comodato (in caso di consegna anticipata del bene) e/o un'imposta di registro del 3% per registrare il mutuo (in caso di pagamento anticipato del prezzo). In ordine a questa seconda ipotesi, se dal punto di vista teorico non sorgono particolare dubbi, non si può non rilevare come, nella pratica, le parti si potrebbero trovare a pagare due volte le tasse sul denaro versato (una volta come mutuo e una volta come prezzo del definitivo) e in aggiunta un'imposta fissa per la registrazione del comodato, oltre ovviamente a quella già  prevista (sempre in misura fissa) per la registrazione del preliminare. Alla luce di questo, non sembra condivisibile l'interpretazione dell'Agenzia delle entrate per vari motivi. In primo luogo introduce elementi di incertezza nella tassazione del contratto in contrasto con i principi di certezza fiscale a tutela dei cittadini. In secondo luogo il contratto preliminare ad effetti anticipati o possiede gli elementi della vendita ed allora deve essere tassato come vendita o è ancora un preliminare e come tale va tassato. Introdurre una nuova tassazione penalizzante e basata su elementi incerti non sembra accettabile. Il diritto dei cittadini ad avere una tassazione certa deve essere garantito.

    Scopri di più