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    01 luglio 2020

    Esecutore testamentario e relativo ufficio

    Cassazione, ordinanza 28 febbraio 2020, n. 5520, sez. II civile. L’esecutore testamentario, mentre è titolare “iure proprio” delle azioni, relative all’esercizio del suo ufficio, che trovano il loro fondamento e il loro presupposto sostanziale nel suo incarico di custode e di detentore dei beni ereditari ovvero nella gestione, con o senza amministrazione, della massa ereditaria, è soltanto legittimato processuale, a norma dell’art. 704 c.c., per quanto riguarda le azioni relative all’eredità e, cioè, a diritti ed obblighi che egli non acquista o assume per sé, in quanto ricadenti direttamente nel patrimonio ereditario, pur agendo in nome proprio. In tale ultima ipotesi, in cui non è investito della legale rappresentanza degli eredi del “de cuius”, ma agisce in nome proprio, l’esecutore testamentario assume la figura di sostituto processuale, in quanto resiste a tutela di un diritto di cui sono titolari gli eredi, ma la sua chiamata in giudizio è necessaria ad integrare il contraddittorio. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    13 novembre 2019

    Dichiarazione di successione integrativa: un caso...

    PRINCIPIO. L’Agenzia della Entrate con la risposta n. 471/2019 ad un interpello è chiarissima: nella dichiarazione di successione devono essere ricompresi nel quadro B1 tutti gli immobili presenti nell’asse ereditario con autoliquidazione delle imposte catastali ed ipotecarie. Ciò vale anche nel caso in cui essi debbano essere venduti dall’esecutore testamentario per poi attribuire, a titolo di legato, la somma di denaro ricavata ai beneficiari delle disposizioni testamentarie. Obbligato alla presentazione della dichiarazione di successione è, in tale ipotesi, l’esecutore testamentario. IL CASO. Una signora disponeva con testamento pubblico delle sue sostanze ereditarie prevedendo legati obbligatori in favore dei beneficiari indicati aventi ad oggetto somme di denaro su conti correnti bancari ed il ricavato della vendita di beni immobili di sua proprietà. L’esecuzione delle disposizioni viene affidata ad esecutori testamentari. LA TESI DEL CONTRIBUENTE. Il contribuente sostiene che non vadano indicati nella dichiarazione di successione i beni immobili e che non si debbano pagare le imposte catastali ed ipotecarie perché oggetto dei legati sono diritti di credito e non i diritti reali sugli immobili stessi. LA RISPOSTA DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE. I beni immobili fanno parte dell’asse ereditario e l’esecutore testamentario è obbligato ad indicarli nella dichiarazione di successione ed a pagare l’imposta di successione. Le disposizioni in oggetto configurano legati di somme di denaro che produrranno i loro effetti a seguito delle vendite immobiliari da parte degli esecutori testamentari. Una volta che, a seguito delle vendite, i diritti di credito dei legatari avranno acquisito il carattere dell’esigibilità e della liquidità, gli esecutori testamentari o i legatari dovranno procedere ad una dichiarazione integrativa indicando il ricavato dalle vendite. L’imposta di successione sarà riliquidata ai sensi dell’art. 28, comma 6, del Dlgs n. 346 del 31.10.1990. Avv. Andrea Pentangelo   Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes  Autore immagine: Pixabay.com © Riproduzione riservata

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    05 dicembre 2016

    Quanto dura l'amministrazione dell'esecutore...

    Ai sensi dell'art. 703 c.c. l'esecutore testamentario, che ha il compito di curare l'esatta esecuzione delle disposizioni di ultima volontà  del defunto, esegue la sua funzione amministrando la massa ereditaria e prendendo possesso dei beni che ne fanno parte. La legge precisa però, al terzo comma dello stesso articolo, che il possesso dei beni ereditari non può durare più di un anno dall'accettazione, a meno che l'autorità  giudiziaria, per motivi di evidente necessità , e sentiti gli eredi, ne prolunghi la durata. Anche in questo caso, tuttavia, non potrà  mai superare l'ulteriore termine di un altro anno. Se queste sono le previsioni legislative sul punto, ci si chiede se tale termine massimo di un anno (o due nel caso di intervento dell'autorità  giudiziaria) si riferisca solamente al possesso dei beni ereditari o anche alla loro amministrazione. Seppur ritenuto in passato che il termine si riferisse congiuntamente sia al possesso sia all'amministrazione dei beni, tale tesi non appare oggi condivisibile per più ragioni. In primo luogo in tal senso depone il testo della norma che al terzo comma, diversamente da quanto avviene nel comma precedente, si riferisce espressamente solo al possesso, senza nominare l'amministrazione dei beni ereditari. Inoltre in tal senso depone anche la lettura sistematica delle disposizioni, ove si consideri che l'art. 709 c.c. prevede che l'esecutore testamentario debba rendere conto della sua gestione al termine della stessa, e anche spirato l'anno dalla morte del testatore, se la gestione si sia prolungata oltre l'anno. Disciplinando tale ipotesi, la legge sembra presupporre come possibile tale evenienza. Per queste ragioni sembra, dunque, preferibile ritenere che il termine di un anno si riferisca solamente al possesso dei beni ereditari e non anche alla loro amministrazione. A conferma di questa ricostruzione si è espressa anche una recente sentenza di Cassazione[1], la quale ha confermato l'applicabilità  del termine di cui all'art. 703 comma terzo c.c. solo al possesso e non anche alla gestione dei beni dell'eredità , affermando espressamente, dunque, che quest'ultima possa continuare anche oltre il termine di un anno (o due). In particolare, afferma la Corte, la gestione deve continuare fino a quando non siano esattamente attuate le disposizioni testamentarie, a meno che non vi sia la contraria volontà  del testatore o l'esonero giudiziale ai sensi dell'art. 710 c.c.. In altre parole sussiste l'obbligo, o quantomeno il potere, di continuare la gestione fino a quando le circostanze del caso concreto lo richiedano e dunque, eventualmente, anche oltre il termine di cui all'art. 703 comma terzo c.c.. Questo implica, secondo la Corte, che, alla scadenza di quel termine, l'esecutore testamentario sarà  obbligato a dismettere il possesso dei beni ereditari (punto su cui la legge è chiara e non derogabile) ma non decadrà  dal suo ufficio, potendo quindi continuare ad amministrare i beni fintanto che sia necessario. [1] Corte di Cassazione sentenza n. 12241 del 14 giugno 2016.

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