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    14 agosto 2017

    Usucapione: sì quando non è mera tolleranza

    Corte di Cassazione, Sezione II civile, ordinanza n. 16414 del 4 luglio 2017 In tema di compossesso, il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei compossessori non è di per sé sufficiente all'esercizio del possesso ad usucapionem, potendo, invece, essere conseguenza di un atteggiamento di mera tolleranza da parte dell'altro compossessore. Ai fini dell'usucapione è necessaria, infatti, la manifestazione del dominio esclusivo sulla cosa comune da parte dell'interessato attraverso un'attività  durevole, apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui. L'onere della relativa prova grava su colui che invochi l'avvenuta usucapione del bene. Per approfondimenti chiedi ai Professionisti SuperPartes  Il fatto Veniva proposta dinanzi al Tribunale di Roma domanda di usucapione, per possesso uti domini ultraventennale, di un terreno, di cui parte attrice era proprietaria solo al 25% e su cui aveva edificato a sua cura e spese un'abitazione di tre camere e servizi. Il Tribunale di Roma dichiarava l'acquisto per intervenuta usucapione del 75% del terreno, ordinando al Conservatore di procedere alla trascrizione. Al contrario, a seguito di gravame, la Corte d'Appello di Roma riformava la pronuncia, rigettando la domanda di usucapione. Le ragioni giuridiche La Corte di Cassazione ha avuto gioco facile nell'osservare come la Corte territoriale si sia correttamente attenuta al principio di diritto, costante nella giurisprudenza di legittimità , secondo cui "in tema di compossesso, il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei compossessori non è, di per sé, idoneo a far ritenere lo stato di fatto così determinatosi funzionale all'esercizio del possesso ad usucapionem e non anche, invece, conseguenza di un atteggiamento di mera tolleranza da parte dell'altro compossessore, risultando necessario, a fini della usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sulla res communis da parte dell'interessato attraverso un'attività  durevole, apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l'onere della relativa prova su colui che invochi l'avvenuta usucapione del bene". In applicazione di tale principio, la Corte d'appello ha affermato, all'esito della valutazione delle risultanze processuali, che non solo non vi era la prova del dominio esclusivo sull'intera res comune concretizzatosi in un'attività  incompatibile con il possesso altrui, ma anche che, da una scrittura privata antecedente, risultava che gli altri comproprietari, suddividendosi la spesa necessaria per accatastare l'immobile, non avevano per nulla inteso dismettere il loro diritto, come riconosciuto dalla stessa. Alla luce, dunque, di queste valutazioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo non intervenuta alcuna usucapione del terreno oggetto di compossesso. Clicca qui per leggere gli altri articoli SuperPartes

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