Corte di Cassazione, sezione II civile, ordinanza n. 15742 del 23 giugno 2017

Si sente purtroppo spesso parlare di eternit e non sempre in circostanze liete, ma cosa succede se un soggetto decide di comprare un appartamento ignaro della presenza di eternit sul tetto del palazzo? Basta solo il fatto della sua presenza per far nascere il diritto di risoluzione dal contratto? La giurisprudenza ha detto di no, rigettando la domanda di risoluzione del contratto preliminare di vendita di un immobile, richiesta a seguito della scoperta della presenza di fibrocemento contenente amianto. Questo, però, precisa la Cassazione, vale nelle ipotesi in cui venga accertato che esso sia in buono stato di conservazione e dunque non incida sull'utilizzabilità  abitativa dell'immobile stesso.

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Il fatto

La vicenda sottoposta all'attenzione della Cassazione trae origine da un contratto preliminare avente ad oggetto un appartamento posto all'ultimo piano di un edificio, riguardo al quale i promissari acquirenti venivano a conoscenza, successivamente alla firma, che la copertura dell'edificio era stata realizzata in eternit. Chiedevano, quindi, la risoluzione del contratto per inadempimento del promittente venditore (in relazione al vizio occulto ed essenziale costituito dal materiale utilizzato per copertura dell'edificio) e la condanna dello stesso alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria ricevuta.

Le ragioni giuridiche

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il primo motivo di ricorso, in relazione alla mancata considerazione della nocività  dell'amianto quale nozione di fatto che rientra nella comune esperienza, in quanto la Corte territoriale aveva correttamente tenuto conto della pericolosità  dell'amianto in generale (ed in particolare dell'eventualità  che, per il cattivo stato di conservazione del materiale, siano rilasciate nell'ambiente fibre che possono essere inalate dall'uomo) ma l'aveva esclusa nel caso specifico sulla base dell'accertamento eseguito dall'ARPA, che escludeva l'attualità  del pericolo. Proprio alla luce di questo, dunque, i giudici di Appello avevano ritenuto l'appartamento promesso in vendita idoneo ai fini abitativi e che la presenza della copertura in amianto non ne diminuisse il valore in misura tale da giustificare la risoluzione del contratto.

Inoltre la Corte di Cassazione ha evidenziato come il legislatore abbia vietato la commercializzazione e l'utilizzazione di materiali costruttivi in fibrocemento per il futuro, ma non abbia anche imposto la rimozione generalizzata di tali materiali nelle costruzioni già  esistenti, obbligando in tal caso solamente i proprietari degli immobili a comunicare agli organi sanitari locali la presenza di amianto fioccato o friabile negli edifici e consentendo la conservazione delle strutture che impiegano tale materiale a condizione che esse si trovino in buono stato manutentivo.

Alla luce di tutte queste considerazioni, pertanto, la Corte di Cassazione ha concluso che l'attuale copertura in eternit dell'edificio fosse in linea con la normativa, considerato che tale materiale era stato utilizzato legittimamente ratione temporis e che l'accertamento eseguito in concreto dall'ARPA aveva escluso pericoli attuali per la salute. Al più il probabile deterioramento del materiale nel corso del tempo avrebbe potuto giustificare, in luogo della risoluzione del contratto, una modesta riduzione del prezzo, la quale tuttavia non è domandata dai promissari acquirenti.

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