Cassazione, ordinanza 10 aprile 2020, n. 7784, sez. VI – 2 civile.

In materia testamentaria, l’attore titolare della legittimazione ad esercitare le azioni di nullità ed annullamento non è esentato dal dimostrare la sussistenza di un proprio concreto interesse ad agire, per cui l’azione stessa non è proponibile in mancanza della prova, da parte del medesimo attore, della necessità di ricorrere al giudice per evitare – attraverso la rimozione degli effetti del testamento impugnato – una lesione attuale del proprio diritto ed il conseguente danno alla propria sfera giuridica.                                                                                      Le formalità previste dall’art. 56 della legge notarile implicano che chi interviene all’atto sia interamente privo dell’udito. Una grave difficoltà di udito non legittima il ricorso alle cautele apprestate dalla norma, ma comporta che il notaio o la persona di fiducia diano lettura a voce tanto alta che il soggetto possa sentire.                                                                                                              La legge notarile, poi, non disciplina l’intervento nell’atto pubblico del comparente cieco. L’attività negoziale del cieco è invece disciplinata dalla L. 3 febbraio 1975, n. 18 e si richiede la presenza dei testimoni “qualora anche una sola delle parti non sappia o non possa leggere e scrivere”, laddove, nella specie, non si mette in discussione che il donante sapesse leggere e scrivere e che abbia firmato l’atto. In ogni caso, trattandosi di donazione, la presenza dei testimoni è richiesta in via generale dell’art. 48 della legge notarile.

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