Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza n. 27164 del 16 novembre 2017

Cosa cambia per il cittadino

La Corte di Cassazione è intervenuta per rispondere al quesito “se e quale limite incontri la facoltà del singolo condomino di eseguire opere sulle parti di proprietà esclusiva”, ritenendo che il limite sia rinvenibile nell’articolo 1122 c.c. e che consista nel “danno alle parti comuni dell’edificio” ovvero in “ogni diminuzione di valore riferito alla funzione della cosa considerata nella sua unità”.

La Cassazione sembra dirci, dunque, via libera alle modifiche nel proprio appartamento, ma solo finché non si danneggiano le parti comuni dell’edificio, procurandone una diminuzione di valore.

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Il fatto

La questione riguarda la rimozione delle divisioni (un muretto e una ringhiera di separazione) esistenti tra i balconi di due unità immobiliari di proprietà della stessa persona, ma comprese in due distinti, seppur contigui, edifici condominiali. Il convenuto aveva, infatti, deciso di porre in comunicazione le sue proprietà, rimuovendo gli indicati manufatti. La sentenza del Tribunale di Ragusa lo vedeva vincitore, ritendendo che i balconi aggettanti non costituissero parti comuni dei fabbricati condominiali, ma rientrassero nelle rispettive proprietà esclusive e come tali modificabili senza violazione dell’articolo 1102 c.c.

Le ragioni giuridiche

La Corte di Cassazione, nel rovesciare la decisione, ha invece accolto il ricorso, evidenziando come primo elemento fondamentale la distinzione esistente tra gli articoli 1102 e 1122 del Codice Civile, anche in relazione al loro diverso ambito di applicazione:

  • l’articolo 1102 c.c.[1] riguarda esclusivamente le opere compiute dal condomino sulla cosa comune;
  • l’articolo 1122 c.c. (nella formulazione qui applicabile ratione temporis, ovvero prima dell'entrata in vigore della Legge n. 220/2012) disciplina l’ipotesi in cui l’opera sia effettuata dal condomino sulla cosa propria[2].

Nel caso in cui, quindi, il condomino voglia eseguire opere sulle parti di proprietà esclusiva sarà applicabile l’art. 1122 c.c. che prevede come limite quello consistente nel danno alle parti comuni dell’edificio. In altri termini, ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, può eseguire opere purché esse non rechino danno alle parti comuni dell’edificio, dove con danno si intende “ogni diminuzione di valore riferito alla funzione della cosa, considerata nella sua unità”.

Nel caso di specie, l’aver reso i due edifici comunicanti, mediante la rimozione delle separazioni esistenti sui balconi, ha comportato l’illegittima costituzione di una servitù a favore di un appartamento a danno della proprietà condominiale dell’altro fabbricato.

Questo perché anche un’opera su parte di proprietà esclusiva può determinare la creazione di una servitù a carico di fondazioni, suolo, solai e strutture dell’edificio per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i partecipanti al condominio.

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[1] Art. 1102 c.c.: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso”.

[2] Art. 1122 c.c. ante riforma 2012: “Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà, non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell’edificio”.