Cassazione, sentenza 17 dicembre 2019, n. 33430, sez. Ii civile.

L'erede legittimario che agisca per l'accertamento della simulazione di una vendita compiuta dal de cuius, siccome dissimulante una donazione affetta da nullità per difetto di forma, assume, rispetto ai contraenti, la qualità di terzo -con conseguente ammissibilità della prova testimoniale o presuntiva senza limiti o restrizioni-quando abbia proposto la domanda sulla premessa dell'avvenuta lesione della propria quota di legittima. In tale situazione, infatti, detta lesione assurge a causa petendi accanto al fatto della simulazione ed il legittimario, benché successore del defunto, non può, pertanto, essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall'art. 1417 c.c., non rilevando la circostanza che egli, quale erede legittimo, benefici non solo dell'effetto di reintegrazione della summenzionata quota, ma pure del recupero del bene al patrimonio ereditario per intero, poiché il regime probatorio non può subire differenziazioni a seconda del risultato finale cui conduca l'accoglimento della domanda. Il legittimario è ammesso a provare, nella veste di terzo, la simulazione di una vendita fatta dal de cuius per testimoni e presunzioni, senza soggiacere ai limiti fissati dagli artt. 2721 e 2729 c.c., a condizione che la simulazione sia fatta valere per un'esigenza coordinata con la tutela della quota di riserva tramite la riunione fittizia; egli, pertanto, va considerato terzo anche quando l'accertamento della simulazione sia preordinato solamente all'inclusione del bene, oggetto della donazione dissimulata, nella massa di calcolo della legittima e, così, a determinare l'eventuale riduzione delle porzioni dei coeredi concorrenti nella successione ab intestato, in conformità a quanto dispone l'art. 553 c.c.

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